Gregucci: «Affetto da Bergamo
Purtroppo non l'ho ricambiato»

Angelo Gregucci è un esempio di buone maniere. Il suo stile è tranchant, ti disarma con l'educazione. A due giorni dal suo ritorno al Comunale l'ex tecnico nerazzurro alle provocazioni sulle possibili rivalse risponde solo scusandosi con Bergamo.

Angelo Gregucci è un esempio di buone maniere. Il suo stile è tranchant, ti disarma con l'educazione. A due giorni dal suo ritorno al Comunale l'ex tecnico nerazzurro alle provocazioni sulle possibili rivalse risponde solo scusandosi con Bergamo per non aver potuto dare quanto ha ricevuto. Spiega che saluterà tutti con piacere, «in particolare magazzinieri e massaggiatori», e confessa che di Bergamo gli è rimasto per esempio il rapporto con Mino Favini: «Lo conoscevo come leggenda, lì ho scoperto che la persona è ancora più grande del personaggio».

Mister, che effetto le farà tornare al Comunale?
«Mi aspetto sensazioni che non ho mai provato prima».

Ma ci è già stato, con l'AlbinoLeffe.
«Mi sta dicendo che sarà la stessa cosa? Dallo stadio vuoto a 20 mila tifosi...».

Cosa le succederà?
«Emozioni, sensazioni che si potranno riproporre. Ma poi dovrò ritrovare la testa e fare il mio lavoro».

Quanto rammarico ha dentro?
«L'unico rammarico è quello di non aver potuto lavorare. Non aver potuto restituire a Bergamo tutto l'affetto e la stima che Bergamo mi ha dato dal primo giorno. Senza condizioni, solo per essere arrivato».

Rivalse?
«Non fanno parte del mio carattere».

Saluterà tutti volentieri? O se potesse qualche saluto lo eviterebbe?
«Io saluto sempre tutti volentieri, e non lo dico perché è cambiata la società. Io sono onorato di vivere nel mondo del calcio e ho sempre una visione positiva».

Dev'essere per questo che a Bergamo nessuno ce l'ha con lei. Quattro partite quattro sconfitte, ma nessuno ce l'ha con Gregucci.
«Se è vero ne capisco la ragione: non si giudicano le persone per quattro partite. Per tre, Bari non conta. E vi prego di ripensare a quelle tre partite».

Ma se Gregucci fosse rimasto?
«Con i se e con i ma si può ribaltare la storia, ma non si danno giudizi seri. È andata così, te ne devi fare una ragione. Lo dico con grande sofferenza, perché credo sia chiaro a tutti cosa poteva essere per me l'Atalanta: la grande occasione della vita».

Vedrà volentieri tutti i suoi ex giocatori?
«Tutti. E prima ancora abbraccerò i magazzinieri e i massaggiatori, simboli di tutte le persone che da quando sono arrivato si sono messe a disposizione. Ambiente straordinario, tutti lì pronti a darti una mano, bastava chiedere. Qualsiasi cosa. E poi lì c'è ancora Vaccariello (il preparatore atletico che si occupa del recupero degli infortunati, ndr), che era un mio collaboratore».

Che Atalanta si aspetta?
«L'Atalanta ha l'organico più forte della B, ha grande fisicità, sa bene cosa vuole e come arrivarci, è la squadra che conosce più strade per raggiungere l'obiettivo. Le sue rivali hanno due, tre strade. L'Atalanta ne ha infinite. E Colantuono è un grande filibustiere di questa categoria, sa come arrivare in porto e ci arriverà. È nelle cose».

E il Sassuolo come sarà?
«Una squadra che cerca di attaccare il più alta possibile qualsiasi avversaria, che cerca il palleggio costruttivo. Difesa alta e grande aggressione alla palla in ogni angolo del campo. Non stupitevi di queste affermazioni: dico cose che Colantuono sa già benissimo, senza doverle sentire da me...».

Ma a lei cos'è rimasto di Bergamo?
«Il ricordo dell'affetto di tutto l'ambiente. E alcuni rapporti. Da lontano sentivo del mostro sacro Favini, sono arrivato e ho avuto il piacere di scoprire che la persona è ancora più grande del personaggio calcistico. Chi lo perde più...».

Lei lo sente ancora?
«Certo che sì. Non sono scemo: se devo abbeverarmi prediligo l'acqua di fonte...».

Pietro Serina

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