Da «Forza Atalanta» a «forza Monza»
Magrin&Magrin, musica a palla

Di padre in figlio, a distanza di quasi trent'anni, ma non c'entra la palla. E pare un'anomalia quando il cognome è Magrin, uno di quelli entrati a caratteri cubitali nella storia dell'Atalanta. Eppure il denominatore tra Marino e Michele è la musica.

Di padre in figlio, a distanza di quasi trent'anni ma almeno per stavolta il pallone proprio non c'entra nulla. E pare un'anomalia quando il cognome è Magrin, uno di quelli entrati a caratteri cubitali nella storia dell'Atalanta. Eppure il denominatore tra Marino e Michele ha la stessa iniziale dei loro nomi ovvero la musica.

Il papà, trascinato dalla passione, nel 1984 metteva in musica l'inno «Forza Atalanta», oggi il figlio sogna che il primo album «Lascia che» sia invece il suo trampolino di lancio. Dalla folgorazione davanti al «Festivalbar» al pensiero ai terremotati e agli inviati di guerra fino all'emozionante provino con i Nomadi, scopriamo un Magrin jr vero artista polivalente.

La passione nasce per puro caso una sera d'estate davanti alla tv e al «Festivalbar», la storica kermesse ideata da Vittorio Salvetti: «Avevo 7 anni - ricorda - e, durante l'esecuzione di un brano, la telecamera ha inquadrato un tastierista: all'epoca stavamo lasciando Verona per rientrare a Bergamo e così ho cominciato ad andare a lezione di pianoforte pochi mesi dopo». A 14 anni invece arriva l'ispirazione per la prima canzone, dopo un fatto tragico di cronaca a Torre Boldone: «Ero rimasto colpito dalla morte di una ragazza - dice - e allora è nata "La ragione degli uomini", mai eseguita in pubblico ma che resta comunque il primo passo e di conseguenza qualcosa di particolare». L'uomo della svolta però è un ottico, quell'Alessandro Fè bravo prima a spronare Michele e poi a costituire il complesso degli «Amusìa», nome che può essere letto sia come fusione di amore, musica e poesia sia come quel disturbo dell'orecchio che non permette di distinguere i toni musicali: «A 18 anni - rileva - è stato proprio Alessandro a convincermi e ha formato questa band che, oltre al sottoscritto alla voce, aveva Fabrizio Zambuto alla chitarra, Carlo Cassera al basso e Fabio Ariano alla batteria».

Lo scorso anno, invece, Michele decide di sciogliere la band e incide «Lascia che» il primo album, peraltro autoprodotto e sotto la sapiente guida dell'arrangiatore Michelangelo Cannavò, con dieci tracce alcune delle quali contengono temi forti legati a fatti di cronaca come «Da bambina avevo un sogno» nel quale l'autore si immedesima nelle inviate di guerra Ilaria Alpi e Giuliana Sgrena o «Nel silenzio c'è»: «Giocavo a Vercelli - rammenta - e ho visto in tv le tremende immagini del terremoto in Abruzzo: mi sono messo alla tastiera ed è uscito questo brano. Così, in modo naturale, come tutti gli altri».

Ma Magrin jr si era già fatto notare quando aveva composto l'inno del Monza: «Vestivo la maglia biancorossa - osserva - e ho voluto scrivere quella canzone che, a conti fatti, ha portato fortuna anche se non fino alla fine: quell'anno, infatti, abbiamo perso la B solo nella finale play-off contro il Genoa di Vavassori». Chi però può legare il suo inno ad una promozione è papà Marino visto che «Forza Atalanta» passa per la prima volta al Comunale in occasione della gara con il Como che regala la A ai nerazzurri: «Un'idea nata per gioco - afferma l'uomo che "tirava la bomba" - con Enzo Conti e Beppe Guerini del Club Valgandino e poi messa in musica dal maestro Alessandro Poli. Mi piaceva "strimpellare" tra un allenamento e l'altro con la chitarra e magari posso anche aver trasmesso qualcosa di questa passione anche a Michele che mi ascoltava fin da piccolo». Altro imprescindibile punto di riferimento musicale di Michele, che ammette contestualmente di essere anche chitarrista autodidatta, sono i «Nomadi», legati da una consolidata amicizia a papà Marino. E quando Danilo Sacco lascia il gruppo anche lui decide di presentarsi alle audizioni per raccoglierne l'eredità: «Per la serie tentare non nuoce - sorride - sono andato anch'io a Novellara ed è stata una grande emozione non solo esibirsi con tutti loro intenti ad ascoltare dall'altra parte del vetro, ma anche riscuotere consensi e averli sorpresi in positivo, come mi hanno confidato». E se un certo Luciano Ligabue è esploso all'alba delle 30 «primavere», perché Michele che di anni ne ha 27 e gioca in D nel Caravaggio (il Liga peraltro era tesserato per la Correggese che ai tempi, ironia della sorte, militava nella stessa categoria) non può cullare lo stesso grande sogno? Se son note, suoneranno.

Federico Errante

© RIPRODUZIONE RISERVATA