Atalanta, dispiace l’addio a Grassi
Attenzione: si tratta di copioni già recitati

Una buona fetta dei numerosi messaggi inviati sabato dai telespettatori nel corso di «TuttoAtalanta diretta stadio», a Bergamo Tv, hanno riguardato la cessione di Alberto Grassi al Napoli.

Commenti, nella maggior parte dei casi, di vivo rimpianto per la partenza lampo di uno dei tanti «figli di Zingonia» approdati nel tempo a club blasonati. Complice, supponiamo, delle esternazioni dei tifosi anche la scialba prestazione della squadra sul campo del penultimo Frosinone.

In altre parole se si fosse rientrati a Bergamo con i tre punti, figli di una prova convincente, l’addio a Grassi sarebbe forse stato digerito meglio. Più o meno si è ripetuto il copione recitato dai supporter alla notizia delle valigie preparate da Moralez, un paio di settimane or sono, metà Messico. Ma torniamo a Grassi. Il rammarico per averlo perso ci sta per intero. Specie quando si tratta di un giovane in rampa di definitivo lancio si è propensi a guardarlo con occhi fisiologicamente protettivi adottandolo, pertanto, con estrema tenerezza all’ennesimo grado.

Figuriamoci se si tratta di Grassi, faccia oltremodo pulita e calcisticamente parlando di qualità sopraffine senza alcun dubbio certificate. Onestamente, però, altrettanto equo ricorrere ai rovesci della medaglia. Da quando esiste il mondo del pallone non sappiamo di società di provincia che, per esigenze di bilancio, rimangano sorde alle richieste, pressochè, irrinunciabili di sodalizi di provata statura nei riguardi di giovani talentuosi. E la stessa Atalanta non fa eccezione da sempre. Del resto i plurimi investimenti nel vivaio trovano, così, un motivato senso. Subito dopo bisogna immedesimarsi in Grassi che vede d’un tratto spalancarsi le porte di un treno che passa ad alta velocità, sinonimo di una più che probabile carriera coi fiocchi. Corsi e ricorsi storici vissuti con puntuale periodicità anche all’Atalanta. Ricordiamocelo.

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