Niente striscioni e cori spontanei
Il silenzio polemico cala sullo stadio

L’atmosfera è strana, carica di assenze e di polemiche. Con lo stadio spoglio di striscioni, i cori che partono sull’onda dell’entusiasmo, intermittenti come gli umori e non continui come vuole la scaletta ultrà, e quei gradoni deserti nel cuore della Nord, ostentati grazie anche alla fettuccia biancorossa, come capita sulle scene del crimine.

Era già successo: la curva vietata ai non possessori di tessera del tifoso - e cioè alla gran parte dei duri e puri - per gli scontri e gli arresti di Atalanta-Roma del novembre 2014. Ma stavolta la tifoseria si sente accerchiata anche da altro: la storia degli spacciatori arrestati, di cui la stampa - secondo la Nord - avrebbe ingiustamente messo in rilievo la caratteristica di ultrà per gettare cattiva luce sulla tifoseria; la sorveglianza speciale chiesta per il capo-curva Claudio «Bocia» Galimberti; e i soliti media che - sempre stando alle recriminazioni ultras - avrebbero travalicato il loro ruolo (fuori dallo stadio campeggiava lo striscione «Chi decide le sentenze? I tribunali o i giornali? Vergogna»), rintuzzati a malapena dalle retrovie informatiche del tifo, impegnate a diramare la loro versione su siti, blog e giornalini.

Deserto e spoglio pure lo spicchio di Sud (non gravata da divieti) che ospita le ex Bna, presumibilmente solidali coi colleghi della curva opposta. Persino il manipolo di supporters al seguito dell’Empoli fraternizza, esponendo il drappo «Bergamaschi liberi». Dalla Nord parte il coro «Libertà per gli ultrà», che raccoglie timidi applausi anche nel resto del Comunale.

Sono battimani sintomatici, che rivelano come il popolo atalantino non abbia digerito unanimemente la questione. Si va da chi considera gli ultrà un problema a chi invece li reputa dei perseguitati. E in mezzo, una massa di gente che si dibatte fra mille sfumature e distinguo, difficili da esprimere in uno slogan, in un fischio o in un applauso.

Così, in questo catino denudato di striscioni e per lunghi tratti silenzioso, pare quasi di cogliere il ticchettìo della pioggia. Di unanime ci sono solo i fischi a Tonelli, il provocatore che lo scorso anno fece sbroccare Denis, e a Livaja le cui irritanti performance a bordo campo e sui social network son difficili da dimenticare qui a Bergamo. Della mancanza di decibel ne approfitta un signore di tribuna Creberg con voce stentorea: i suoi malauguri all’ex atalantino diventano udibili anche in altri settori e strappano sorrisi e consensi.

C’è da dire che era pericoloso per un’Atalanta in piena crisi affidarsi alle emozioni volatili di un pubblico deluso per la striscia negativa, senza il supporto della tifoseria organizzata, che - è notorio - contesta solo quando il limite è oltrepassato. Ma il bilancio per la squadra di Reja può dirsi positivo: molti applausi, pochi mugugni e solo su errori dei singoli. Nerazzurri promossi anche davanti alla commissione di palati fini.

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