Automotive, Mimit: “Modificare i parametri di Fit for 55”

Quotidiano Energia - “E’ tempo che l’Unione europea si muova sulla strada di una propria politica industriale, anche attraverso la modifica dei parametri dell’accordo Fit for 55, favorendo una visione più neutrale della tecnologia per garantire la sostenibilità del nostro sistema produttivo”. Lo afferma il vice-ministro delle Imprese e del Made in Italy, Valentino Valentini, in risposta a un’interrogazione alla Camera di Luca Squeri, in cui il responsabile energia di FI chiedeva lumi sulle iniziative del Mimit “a tutela della filiera italiana dell’automotive e della sua componentistica”.

Nella risposta alla commissione Attività produttive, Valentini ribadisce le linee programmatiche del Mimit indicate dal ministro Adolfo Urso e ricorda il Tavolo automotive convocato il 5 dicembre, in cui “il Governo si è impegnato ad affrontare i dossier strategici, innanzitutto a livello Ue”. Infatti, scrive il vice-ministro, “è assolutamente necessario creare una politica industriale europea per rispondere sia alla sfida sistemica con i produttori dell’oriente come India e Cina, che a quella con gli Stati Uniti che hanno da poco messo in campo una massiccia politica di aiuti a sostegno del settore automobilistico americano”. E “l’Italia, insieme ai grandi Paesi europei manifatturieri come Francia e Germania, deve lavorare con la Commissione europea per una politica attiva e propositiva”.

Valentini scrive poi che gli incontri del Tavolo “saranno frequenti e vedranno il coinvolgimento di tutte le parti interessate” e, replicando alle critiche per non aver convocato le rappresentanze dei lavoratori al Tavolo del 5 dicembre, assicura che “nel ciclo di incontri verrà dedicata attenzione anche alle parti sindacali e ai profili attinenti alla forza lavoro”.

L’auspicio del vice-ministro è “prevedere un sistema di sostegno al settore, anche per far fronte alle sfide della decarbonizzazione e della riconversione”. In questo senso Valentini ricorda il fondo da 8,7 miliardi di euro per il periodo 2022-2030, con i Dpcm del 6 aprile e del 4 agosto 2022 che hanno individuato le misure e la ripartizione delle risorse. Dunque, conclude, “le risorse per una valida strategia organica, composta da interventi coordinati di politica industriale a sostegno della trasformazione tecnologica ed eco sostenibile della catena produttiva dell’automotive nonché della domanda di veicoli non inquinanti, le abbiamo”.

Ma più che di risorse, secondo Unrae, il mercato automotive italiano soffrirebbe di “una non chiara e non coordinata strategia verso la transizione sostenibile da parte delle istituzioni centrali e locali”. Il presidente dell’associazione, Michele Crisci, ha di conseguenza inviato una lettera alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in cui si chiede non solo di “mantenere e potenziare gli incentivi all’acquisto di autovetture per il rinnovo del parco circolante almeno fino al 2026 per privati e aziende”, ma soprattutto di “elaborare una politica infrastrutturale per la ricarca eletterica e il rifornimento a idrogeno, di rivedere l’impianto fiscale del settore modulando detraibilità Iva e deducibilità dei costi in base alle emissioni di CO2 per le auto aziendali, di pianificare rapidamente una riconversione industriale della filiera e di prevedere ulteriori interventi a sostegno del trasporto merci e collettivo di persone”.

Nella lettera a Meloni, presentata mercoledì in conferenza stampa, Crisci chiede inoltre di fornire “direzioni chiare al mercato sull’accoglimento delle nuove tecnologie”, perché la conseguenza “sono i dati che mostrano l’Italia unico Paese europeo che retrocede nelle vendite di auto”.

In base ai dati Unrae, infatti, se nel 2022 il mercato dell’auto italiano segnerà con 1,3 milioni di vetture il minimo storico degli ultimi 44 anni, il 2023 con un rialzo delle vendite previsto a 1,4 milioni sarà ancora vicino al minimo. Negli ultimi tre anni, si sono perse 1.612.000 auto rispetto al 2019, con conseguenti minori introiti Iva per lo Stato di 7,85 mld €.

Stando ai dati dell’associazione, nei primi 11 mesi 2022 l’Italia è all’ultimo posto tra i 5 maggiori mercati europei nella diffusione di auto elettriche e ibride plug-in con una quota dell’8,8%, lontana da quelle di Germania (38,2%), Regno Unito (21,4%) e Francia (21,2%) e superata dalla Spagna (9,5%). In compenso è al primo posto per le ibride Hev con una quota del 34% (prevista peraltro in crescita al 36,6% nel 2023).

Non solo, rincara Unrae: in Italia il parco circolante ha una età media di 12,2 anni (contro 8,7 anni in UK, 10,1 in Germania e 11 in Francia) e per il 25,4% del totale è ancora composto da vetture ante Euro 4 (quasi 1 milione): “Con un mercato a livelli così depressi per sostituire tutto il parco nazionale ci vorrebbero 30 anni”, avverte Unrae.

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