Omicidio di Zingonia, quale il movente?
Clandestini tutti e due i fratelli

Il quesito della giornata dopo l’omicidio di Zingonia è principalmente questo: chi voleva morti i fratelli Mohamed e Otman El Khouman?

A indagare sulla morte di Mohamed e il grave ferimento di Otman El Khouman, dichiarato fuori pericolo da giovedì pomeriggio, ci sono i carabinieri. Al centro l’agguato di mercoledì sera nella zona di piazza Affari a Zingonia dove, nel giro di pochi minuti, il clima è diventato più che incandescente: sono stati esplosi almeno due colpi di pistola – tanti sono infatti i bossoli ritrovati a terra durante i rilievi –, anche se non viene escluso che le pistole fossero più d’una.

Raggiunto da un proiettile a una gamba, il ferito ha riportato la rottura dell’aorta femorale, perdendo molto sangue. Fuggendo dai suoi aguzzini, è comunque riuscito a raggiungere la vicina caserma dei carabinieri e a chiedere aiuto: una decisione che è anche stata la sua salvezza. Se non ci fosse stata la caserma dell’Arma, probabilmente anche lui sarebbe stato finito. Suo fratello Mohamed non ha invece avuto la stessa fortuna: scappando dal retro di piazza Affari, dov’è scoppiata la lite e dove sono stati esplosi i colpi di pistola, è infatti inciampato ed è stato finito con un’arma bianca lunga: si pensa a un machete, anche se non è escluso nemmeno l’utilizzo di una roncola, di una katana o addirittura di una spada.

A chiarire quale tipo di arma ha ucciso Mohamed El Khouman sarà l’autopsia, disposta dal pm Pugliese sulla salma del trentenne, ora sotto sequestro all’obitorio dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. L’esame autoptico chiarirà anche il numero dei colpi inferti, precisando quanti sono stati fatali.

In Italia da almeno un anno, Mohamed viveva con una compagna sua connazionale: la coppia ha una bambina di otto anni. Negli ultimi mesi la famiglia aveva cambiato più volte domicilio: prima abitavano a Osio Sotto, poi a Dalmine, ora al confine tra Lallio e Bergamo. Tutti domicili, perché il trentenne aveva presentato la domanda per regolarizzare la sua posizione ma, non avendo un lavoro, la richiesta gli era stata respinta: dunque era attualmente irregolare sul territorio nazionale. Stessa situazione per suo fratello Otman, attualmente domiciliato a Levate: anche a lui la questura aveva rigettato la richiesta del permesso di soggiorno. Entrambi avevano precedenti di polizia legati allo spaccio di droga.

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