Al lavoro dopo il Covid
Ecco cosa si deve fare

Tampone obbligatorio per i contagiati accertati e per quelli sospetti. Per gli altri potrebbe bastare il test sierologico.

Il 4 maggio è in vista e con esso l’annunciata riapertura dei cantieri, di alcune aziende e di negozi non appartenenti alla filiera dei prodotti di prima necessità, che allargherà il cerchio delle persone autorizzate a tornare al lavoro. Come si dovranno comportare coloro che hanno direttamente o indirettamente avuto a che fare con il Covid-19? I percorsi sono diversi a seconda che si sia: 1) pazienti risultati positivi al tampone; 2) pazienti con sintomi simil-influenzali non sottoposti a tampone e senza contatti con pazienti positivi o sospetti tali; 3) persone che hanno avuto contatti con pazienti positivi accertati o sospetti.

1.Pazienti positivi

Sono tutti coloro che sono risultati positivi al tampone nasofaringeo. Per rientrare al lavoro devono aver osservato l’isolamento domiciliare obbligatorio (28 giorni) ed essere risultati negativi a un doppio tampone effettuato nel giro di 24 ore. Visto che finora i tamponi sono stati fatti nella stragrande maggioranza dei casi a pazienti dimessi dagli ospedali, sono questi ultimi a gestire per lo più i test ai pazienti positivi: le Asst convocano il paziente tramite il Cup. Sono i pazienti più monitorati e probabilmente quelli che hanno a che fare con tempi d’attesa meno lunghi. Perché il numero di tamponi attualmente messo a disposizione dalla Regione è ancora abbondantemente sotto le reali necessità e potrà capitare che il lavoratore, seppur pronto per rientrare, debba attendere il doppio tampone. «In questo caso è comunque coperto, perché i medici di medicina generale sono autorizzati a prolungargli il periodo di malattia», spiega Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo.

2. Sospetti casi Covid

Sono coloro che hanno maturato sintomatologia simil-influenzale senza evidenti contatti con pazienti positivi. Gente che ha affrontato la malattia a casa e che non è stata sottoposta - nella quasi totalità dei casi - a tampone. E senza quest’ultimo sono in un limbo: sanno che hanno avuto sintomi molto simili al coronavirus, ma nessun test clinico ha certificato che si tratti proprio di Covid-19. Per rientrare al lavoro dovranno passare per forza dal tampone nasofaringeo. E a richiederlo all’Ats dovrà essere il medico di base.

«Ma l’Ats al momento non ci ha spiegato come - protesta Marinoni -. Con 350 tamponi al giorno a disposizione non si va da nessuna parte. Tant’è che, detta brutalmente, la comunicazione informale che arriva dall’Ats ai medici di medicina generale è: teneteli a casa buoni, poi vi faremo sapere. So comunque che si stanno impegnando come matti per cercare di far fronte alle richieste». Dunque, anche qui proroga dei giorni di malattia in attesa del test, nonostante il paziente possa essere guarito o non aver addirittura mai contratto il virus.

Massimo Giupponi, direttore generale dell’Ats dice che l’azienda territoriale sta lavorando per portare il numero di tamponi a una soglia che possa venire incontro alle richieste.

«Il problema è che per questa categoria di pazienti - osserva il presidente dell’Ordine dei Medici - siamo in balìa della coscienza del singolo. Se uno, scaduti i giorni di malattia e magari col datore di lavoro che lo pressa, decide di tornare a lavorare, potrebbe benissimo farlo by-passando il medico di base e presentandosi direttamente in azienda. Il datore di lavoro può non essere informato del tipo di patologia di cui era affetto il dipendente, perché nel certificato dei giorni di malattia questo particolare non deve essere specificato».

3. Contatti con positivi

Sono quelli che hanno avuto contatti con casi positivi accertati o sospetti e che potrebbero aver contratto il virus risultando asintomatici. Per loro è disposto l’isolamento domiciliare fiduciario. Non è obbligatorio il tampone per il rientro al lavoro. Ma potrebbe essere indicato il test sierologico, quello che, tramite la rilevazione degli anticorpi, rivela se si è entrati in contatto col virus. Se si risulta negativi, vuol dire che il Covid-19 non ha mai chiamato in causa gli anticorpi e dunque che non si è mai manifestato nel soggetto. Che, in questo caso, potrebbe dunque essere riammesso al lavoro senza problemi. Anche l’Ats lascia aperta la porta: «Valuteremo se utilizzare i test sierologici sulla base dei primi risultati di quelli partiti giovedì a Nembro e Alzano», dice Giupponi.

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