«Ascoltate e siate esempio per i figli»
Il decalogo della Fondazione Paoletti

I bambini guardano la televisione e la loro Bergamo la riconoscono. Riconoscono Piazza Vecchia deserta, dove sulla fontana del Contarini si sono arrampicati milioni di volte: un gioco che fan tutti, perché quel pezzo di città è di tutti.

Riconoscono il Sentierone svuotato, dove non sono riusciti a lanciare i coriandoli del Carnevale, ora chiusi negli armadi. Il coronavirus è iniziato per molti ragazzini in quei giorni di stelle filanti e mascherine mai indossate, ora utili nei giochi di travestimenti che si fanno tra un compito e un disegno. I bambini Bergamo la vedono anche così, in tv, la ascoltano piangere nelle telefonate tra parenti e amici, nei discorsi a tavola, spiegata attraverso i numeri che gli adulti ripetono. E ripetono ancora. Con tanto di prima e dopo, di confronti statistici, di percentuali che i bambini capiscono poco, ma che assorbono.

Il decalogo

I bambini sentono tutto, osservano, rielaborano. A modo loro, con fatiche e paure quotidiane. Spesso alleggerendo, spesso ingigantendo dettagli. E tutto questo pone interrogativi sulla quotidianità da affrontare, nella malattia dentro e fuori casa, iniziando a pensare a come gestiranno il futuro, il dopo. Psicologi, pedagogisti e neuroscienziati della Fondazione Patrizio Paoletti, ente di ricerca no profit, ha stilato un vademecum di dieci punti per aiutare i genitori a gestire l’emergenza Covid-19 con i bambini. Un decalogo disponibile in cinque lingue, realizzato in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri e patrocinato dall’Associazione Italiana Genitori A.Ge. APS., con l’apprezzamento anche di Elena Bonetti, ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia. Un elenco semplice che va a toccare con profondità la vita in famiglia di questi giorni, dove il rapporto genitori e figli si fa più stretto e spesso si riscopre, completamente nuovo. Da qui il primo consiglio: «Vivi appassionatamente: ogni difficoltà è una chance». Che significa educare i figli a «vivere i momenti difficili come chance per scoprire le loro risorse - spiega la Fondazione -. Stai vicino a tuo figlio e guidalo, perchè si può imparare sempre, da ogni situazione. Nei momenti di confusione e incertezza, incontriamo le nostre paure e anche la possibilità di trovare il modo per superarle. La complessità ci fa scoprire la nostra forza e il nostro potere» spiegano gli studiosi.

«I genitori sono l’esempio»

La difficoltà diventa opportunità, risorsa, soprattutto se si pensa al punto due del decalogo, il più importante: «Sei importante: sii un esempio». E qui torna l’immagine del ragazzino che osserva e assorbe, che impara dalle parole, dai gesti dell’adulto, ora più che mai, in una condizione di convivenza continua: «Il figlio imita il tuo comportamento perché sei la persona più importante per lui. Se sei ansioso e preoccupato il tuo stato condizionerà certamente le sue emozioni. Per trovare la calma e la lucidità nei momenti di stress dedicati qualche minuto di silenzio, basta anche un solo minuto al giorno, ti aiuterà a rilassarti». Imparare a darsi tempo, quindi, e a dare tempo. E a «scegliere - ed ecco il punto tre - stimoli e ambienti che fanno bene», perché ogni situazione «condiziona il pensiero e l’attenzione». Da qui il consiglio soprattutto per i più piccoli: «Evita di esporre tuo figlio alle sovra-stimolazioni dei media in cui ci sono immagini e narrazioni piene di ansia e tensione sull’accaduto». Ecco perché è importante garantire stabilità e sicurezza, grazie anche alla routine: «Grande amica nei momenti di incertezza perché attività semplici e regolari che scandiscono la giornata creano la percezione di un ambiente, come sicuro e stabile» spiega il punto quattro.

La forza della routine

Le famiglie hanno creato in queste settimane la loro routine tra lezioni online e spazi vuoti: dalla merenda pomeridiana tutti insieme alla serie tv da guardare la sera, alla mezz’ora autorizzata di videogiochi alla chat con l’amico, ai momenti dedicati a cucinare insieme, dipingere, leggere un libro. Ed ecco le storie, terapeutiche, intense. D’aiuto, come spiegano il punto cinque («Prima di parlare ascolta: crea sintonia») e sei del vademecum («Scegli le parole giuste: le storie hanno potere»): «Sintonizzati con tuo figlio ascoltando i suoi bisogni: osserva i suoi comportamenti, ascolta le sue emozioni. Non esprimere giudizi. Ciò lo farà sentire accolto e quindi pronto ad ascoltarti e a farsi guidare».

«Le parole giuste»

Un esercizio a cui la vita frenetica non ci ha mai abituati abbastanza: lo si può fare anche attraverso una favola, una storia inventata, attraverso un disegno che narra un’emozione. Ma anche rileggendo insieme i fatti di cronaca, con cui conviviamo: «Trova un momento e un luogo in cui puoi stare senza paura di essere disturbati. Condividi fatti piuttosto che opinioni: utilizza le informazioni date da fonti ufficiali, usa un linguaggio adatto alla sua età assieme alla calma e alla chiarezza» spiega il punto nove («Impegnati a dire bene le cose»), perché «ogni volta che c’è occasione di affrontare il tema dell’emergenza coronavirus concludi con affermazioni chiare, generali, positive che riguardano il futuro». E le cose da dire sono tante, a partire dalle regole a cui i bambini devono attenersi: «Concorda il piano speciale di azioni da ricordare a cui insieme vi atterrete scrupolosamente» spiega il consiglio otto «Si impara… divertendosi. Insieme». Ma c’è molto di più da spiegare, e la Fondazione Paoletti dedica il nono punto a superare il «virus più pericoloso: l’ignoranza»: «L’emergenza in corso è una preziosa occasione per parlare a tuo figlio di come le persone hanno contratto il coronavirus (senza distinzione di razza o classe sociale) meritano il nostro rispetto come esseri viventi. Qualsiasi comportamento discriminatorio di cui ci accorgiamo, va corretto con la conoscenza e l’informazione».

E dopo?

Se poi il decimo consiglio è quello di diffondere, in un circolo virtuoso di parole e abitudini, il vademecum, rileggendo le sue regole, ritorniamo a una domanda che molti genitori si fanno in questi giorni. Cosa resterà, ai nostri figli, di questa esperienza di vita, così sconvolgente? La risposta è nei dieci punti e nelle parole dei ragazzi: «Qualche settimana avrei detto la scuola chiusa, ma adesso ci sono i nomi di chi non c’è più. Ci sono le lacrime, perché aiutano a non avere paura da soli» dice F. ,12 anni. E poi M, 12 anni: «Non dimenticherò questi giorni senza abbracci», mentre T., 14 anni : «Mi resterà addosso la felicità di avere la mia famiglia insieme e quando sarà il momento di uscire avrò dentro di me un ulteriore senso di responsabilità nei miei confronti e nei confronti degli altri. Sarò libera, ma avrò paura». A., 14 anni: «C’è l’impotenza e l’utilità del non far nulla» mentre A. 17 anni: «Ho preso coscienza della fragilità». Infine C., 10 anni: «Ricorderò il silenzio, fuori sul terrazzo». Perché Bergamo, svuotata dalla nostra vita, ci lascia tutti in attesa.

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