Bruno Bozzetto: «Il vaccino è l’unica via percorribile, non c’è altra scelta»

Cartoonist, animatore, disegnatore, autore e regista: «I virus sono ovunque perché noi maltrattiamo la natura».

L’hashtag «stateacasa» lo ha scandito infinite volte, all’inizio della pandemia, dalla sua casa-studio-rifugio ai piedi della Maresana. Sono trascorsi 19 mesi ormai e anche lui spera che non si debba tornare indietro, tornare a rinchiudersi, tornare alle canzoni dai balconi, tornare agli slogan del tipo «andrà tutto bene», perché tutto bene poi non è andato.

Lui è Bruno Bozzetto. Basta il nome. Ogni altro titolo – cartoonist, animatore, disegnatore, autore e regista di corti e lungometraggi – appare del tutto superfluo. È poi risaputo che se lo si volesse definire «Maestro» gli verrebbe istantaneamente l’orticaria.

L’adesione alla campagna #stateacasa - appello social declinato dai vip all’estero in #IStayHomeFor (sto a casa per) - è solo una delle tante iniziative di impegno sociale che lo hanno visto e lo vedono quotidianamente protagonista.

Il rispetto per gli animali, la natura, l’ambiente per Bozzetto sono questioni vitali, fanno parte delle sue giornate, delle sue azioni e solo in ultima istanza finiscono per diventare cavalli di battaglia per ammonire gli altri, i suoi «lettori», attraverso disegni, vignette, strisce satiriche.

Bozzetto ci raggiunge in redazione in sella a una bicicletta, che per quanto «assistita», con i rigori di queste mattine non invita a spingere sui pedali. Ma Bozzetto – 84 anni il prossimo 3 marzo – su questo (e molto altro) non lo si può contraddire, ha uno sprint e una agilità invidiabile, che farebbe desistere chi di primavere ne ha molte meno di lui.

Bozzetto, partiamo dall’inizio. Anche lei ha avuto il Covid-19?

«Sì, credo di esserne stato contagiato due volte a distanza di un anno e mezzo, ma senza conseguenze, senza essermene accorto insomma. Ho fatto quei test, chiamiamoli domestici, che si prendono in farmacia, non so quanto affidabili o attendibili, e pare che abbia contratto il virus ma abbia anche degli anticorpi molto forti. Però non ho mai avuto febbre, tosse o altro malanno riconducibile a forme più gravi di Covid-19. Purtroppo a Bergamo non è stato per tutti così».

Sono stati commessi errori?

«Infiniti. La zona rossa in ritardo ad Alzano e Nembro, il pasticcio dell’ospedale di Alzano sono eventi sui quali mi pare ci siano indagini aperte e questo dice tutto».

Durante il lockdown cos’ha fatto?

«Ho la fortuna di abitare in mezzo al verde, praticamente in campagna al limitare con la città. Sono stati mesi di silenzio assoluto, ma ho sempre lavorato. Tutti giorni ho postato su Facebook delle vignette divertenti con protagonista una cagnolina di nome Doggy, assieme ad altre che mettono in rilievo le assurdità del nostro mondo e del nostro modo di vivere, in particolare rispetto agli animali. Da una parte credo abbiano regalato qualche sorriso, dall’altra sono un invito a riflettere su temi che tendiamo a rimuovere perché ci danno fastidio».

Ad esempio?

«Il mio impegno è contro le logiche che sovrintendono agli allevamenti intensivi. Credo che questo virus sia anche frutto della violenza che facciamo alla natura. Da quattro anni sono vegetariano e per gli animali noi siamo ancora nel medioevo».

Quindi ritiene che il virus abbia un’origine animale?

«Non so dirlo, non sono uno scienziato. Su questo tema ogni giorno se ne sentono di nuove. Penso tuttavia che in buona parte nasca dai mercati, dalla sporcizia, dall’utilizzo degli animali negli allevamenti intensivi, da come vengono nutriti con antibiotici. I virus sono ovunque perché noi maltrattiamo la natura, spero che il Covid abbia fatto riflettere almeno un po’, perché altrimenti si rischia di tornare alla “normalità” di prima, che di normale aveva ben poco».

La battaglia contro il Covid si può vincere solo con il vaccino. Lei si è già sottoposto a vaccinazione?

«Certamente, all’inizio però ci sono state informazioni contraddittorie che hanno generato timori, paure e tanta confusione. Mi sono attenuto al buon senso. Ho notato tuttavia delle incongruenze: prima tutti volevano il vaccino in modo da uscire in fretta da una situazione insostenibile, non solo di isolamento, poi, quando si poteva fare, da taluni c’è stata una certa ritrosia».

Anche per lei dunque il vaccino è indispensabile?

«Non c’è altra scelta, diversamente si peggiorano le cose. Occorre dire alla gente che ci sono più probabilità di fare un incidente in auto o su qualche mezzo pubblico che avere conseguenze avverse con il vaccino».

Terza dose?

«Già fatta».

La comunicazione ha giocato un ruolo negativo?

«Non c’è stata comunicazione, ma una sovracomunicazione, che ha scatenato confusione nella gente, l’ha disorientata e spaventata. Ricordiamoci che oggi i social possono fare per così dire una rivoluzione. Senza filtri si innescano catene di comunicazioni e notizie spesso non veritiere e non verificabili».

Conosce gente che non si è vaccinata?

«Sì, ma non ho potere di convinzione. Ognuno è responsabile del proprio comportamento, della propria salute. Chi non è vaccinato probabilmente non ha ancora capito a quali rischi si espone e quante possibilità ha di contagiare anche altri».

Come giudica l’introduzione del green pass?

«Lo trovo giusto».

Guardando al passato, c’è qualche evento che secondo lei è paragonabile a quello che stiamo vivendo?

«Non ne trovo nessuno. Il virus ha spaccato l’Italia. E non solo l’Italia, da quanto leggo».

Cosa la preoccupa ora?

«Il fanatismo che si avverte attorno a certi no-vax. Parte della gente è influenzabile, altri si sono fatti trascinare. I loro ragionamenti estremi non hanno credibilità. D’altronde viviamo in un’epoca in cui anche le teorie più “fuori di testa” vengono tranquillamente accettate. Basti pensare ai terrapiattisti».

Non abbiamo visto sue vignette sul Covid. C’è una ragione?

«Sul Covid ne avevo fatte alcune all’inizio della pandemia, ma poi ho smesso. È un tema su cui non riesco a ridere, è tragico e soprattutto mi confonde. Perché ognuno, nel suo piccolo ha una parte di ragione, ma il vero e unico problema è come uscirne. E se per raggiungere questo scopo dobbiamo seguire una strada, non si può deviare. Che ci piaccia o meno. I rischi potranno anche esserci, non voglio negarlo, ma se statisticamente sono inferiori a quelli di mettersi alla guida di un’automobile - e tutti lo facciamo quotidianamente - ogni contestazione perde credibilità».

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