Caos mascherine, farmacisti e grossisti:
«Col prezzo a 0,50 è tutto bloccato»

La novità imposta dal governo ha spiazzato gli operatori del settore. «C’è tanta incertezza e difficoltà a rifornirci. Dovremo vendere le scorte sottocosto».

Due righe e mezzo a sparigliare le carte: «Il prezzo finale di vendita al consumo» delle mascherine chirurgiche «praticato dai rivenditori finali non può essere superiore, per ciascuna unità, ad € 0,50, al netto dell’imposta sul valore aggiunto». Firmato Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. Ma tra il dire – annunciare che le mascherine saranno vendute a 61 centesimi, appunto 50 centesimi più l’Iva al 22%, anche se in discussione c’è la sospensione dell’imposta per questi dpi – e il fare c’è di mezzo una filiera complessa e delicata. Nonché decisiva per la salute.

In cerca della quadra

Qualcuno, anzi più di qualcuno, all’indomani del provvedimento firmato il 26 aprile e di una dichiarazione del premier Giuseppe Conte, anche in Bergamasca s’è precipitato nelle farmacie con l’idea di comprarle a quel prezzo. Ma non è così, e la quadra arriverà solo tra qualche giorno: «Si è delineata la possibilità di siglare, nel giro di pochi giorni, un accordo per garantire la fornitura a farmacie e parafarmacie delle mascherine chirurgiche necessarie alla tutela della popolazione», si legge in un comunicato diffuso ieri da dalla Federazione degli ordini farmacisti italiani (Fofi), da Federfarma e da Assofarm, a sintesi di un incontro avuto proprio con Arcuri.

I farmacisti

Subito dopo le prime dichiarazioni di premier e commissario, molte farmacie si erano trovate spiazzate. «Noi avevamo terminato lo stock precedente e avevamo un ordine in corso: il nostro fornitore le ha bloccate perché le pagavamo più di 50 centesimi – racconta Andrea Raciti, farmacista di Alzano -. Si vive una situazione di incertezza. C’è una richiesta della popolazione che non si può ignorare e va esaudita: ho chiamato diversi fornitori, pronto a pagare le mascherine anche 50 centesimi, ma tutto è bloccato, i prezzi non sono inferiori a 90 centesimi-un euro. Va rimarcato che i farmacisti si sono adoperati il più possibile per proporre il miglior prezzo. Spero che il blocco duri pochi giorni». «Dopo settimane con prezzi folli, i prezzi si stavano finalmente abbassando – rileva Antonella Grassi, titolare della farmacia di via Tremana in città -. Anche io avevo esaurito le mascherine, stavo per rifare l’approvvigionamento ma tutto si è fermato. Una decisione così improvvisa sul prezzo a 50 centesimi ha anche un’ulteriore controindicazione: il cittadino può pensare che prima, vendendole a prezzi maggiori, i farmacisti speculassero sulle mascherine. Invece era il mercato, a partire dai produttori, a imporre prezzi ben maggiori». «Ho una consegna in arrivo che pagherò molto di più di 50 centesimi l’una, probabilmente poi le venderò comunque a prezzo calmierato – spiega Stefano Fumagalli, titolare di una farmacia a Filago -. Lo facciamo per senso di responsabilità, quello che la nostra categoria ha sempre dimostrato. Va però detto a gran voce che noi le mascherine le abbiamo sempre pagate di più, anche più del doppio. Peraltro, è stato annunciato il prezzo di 50 centesimi quando in realtà a quel prezzo va aggiunta l’Iva: la comunicazione è stata sbagliata».

La vendita al bancone è in realtà solo l’«ultimo miglio» di una filiera lunga, che abbraccia il globo. Tra le questioni: la produzione sarà in grado di soddisfare la domanda? Arcuri ha annunciato di aver sottoscritto contratti per la produzione di 660 milioni di mascherine (gli italiani sono 60 milioni, la media è di undici mascherine a testa, anche se dal calcolo spannometrico vanno tolti i bimbi sotto i sei anni, esentati dall’obbligo): le produrrebbero a un prezzo medio di 38 centesimi l’una. Tra le società che hanno già stipulato la commessa c’è la Mediberg, con sede a Calcinate, l’unica azienda bergamasca del settore; al vaglio poi ci sono altre 108 aziende in tutta Italia, per avere una potenza di fuoco tale da garantire continuità di produzione, se è vero che le mascherine saranno un obbligo per mesi e mesi.

E poi c’è il discorso della libera concorrenza. E cioè: quali sono le conseguenze per esempio per i grossisti? Qualche esempio concreto arriva da un operatore bergamasco: prima di Covid, la mascherine arrivavano dalla Cina principalmente via nave, e un container con 300 mila mascherine aveva un costo di spedizione di 2-3 mila euro; oggi farsi spedire via aereo (perché servono rapidamente) 20mila mascherine ha un costo di trasporto di 6-7 mila euro, col rischio che restino bloccate nelle dogane. I prezzi in Cina, principale produttore, peraltro si stanno impennando, perché tutti i Paesi richiedono mascherine. E chi con fatica nelle scorse settimane era riuscito a «fare magazzino», ora si trova dei prodotti pagati sicuramente più del prezzo calmierato. Senza dimenticare che a quel costo andrebbe aggiunto il ricarico del costo di distribuzione alle farmacie. Questioni irrisolte, mentre la caccia alle mascherine non si ferma.

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