Cassa in deroga: richieste 6 milioni di ore
Moda e tessile bergamasco giù dell’80%

In due comunicati la Cisl, «Mantenere ammortizzatori la vera emergenza», e la Femca Cisl pongono l’accento sulla difficile situazione di migliaia di lavoratori.

Sono più di 6 milioni e mezzo le ore richieste e in attesa di autorizzazione Inps per la cassa in deroga a maggio in provincia di Bergamo, e serviranno a coprire i bisogni di quasi 36.000 lavoratori, soprattutto impiegati in realtà sotto i 5 dipendenti e nella maggior parte dei casi nei settori di commercio e servizi. In campo artigiano, a metà maggio sono state protocollate domande per 22mila lavoratori e erogati pagamenti per 5.179.624,97 euro per 11.228 lavoratori.

«Il lavoro svolto da Fsba è stato un lavoro importante con il pagamento del 50% dei lavoratori sospesi, per i mesi di febbraio e marzo - sostiene Danilo Mazzola, segretario Cisl di Bergamo -. L’ulteriore stanziamento di 1 miliardo nel decreto “rilancio” non sarà sicuramente sufficiente per coprire le ulteriori 5 settimane alle quale si potrà accedere fino al 31 agosto 2020 e le ulteriori 4 settimane per i mesi di settembre e ottobre 2020».

Per quanto riguarda la cassa in deroga, il dato che balza all’occhio è relativo alla differenza tra le ore autorizzate ad aprile 2020 dall’Inps di Bergamo (256.637) e le ore decretate da regione Lombardia (6.515.329) inviate nel mese di maggio. Devono essere ancora autorizzate dall’Inps 6.258.692 ore. Si tenga conto che per la cassa in Deroga è previsto solo il pagamento diretto dall’Inps.

Le ore di cassa ordinaria e straordinaria autorizzate dall’Inps di Bergamo ad aprile 2020, sono state 27.880.000 ore che, se suddivise per le ore lavorabili del mese di marzo 2020 (176 ore), permette di stimare in 158.000 i lavoratori coinvolti, con una sospensione ipotizzata a 0 ore. A differenza della cassa in deroga , la cassa integrazione ordinaria può essere anticipata dalle aziende.

«Resta da monitorare - continua Mazzola - l’utilizzo delle prossime 9 settimane, previste dal decreto rilancio, in quanto abbiamo comparti che pur avendo ripreso l’attività stanno soffrendo per mancanza di ordinativi (il settore auto in primis). La prospettiva che dovremo affrontare nei prossimi mesi vedrà come prima emergenza il mantenimento dei ammortizzatori per poter garantire l’avvio delle attività, in particolare legate al mondo del turismo e del commercio che hanno vissuto mesi di completa chiusura e per i quali si prospetta una estate difficilissima. Per quanto riguarda l’industria e l’artigianato, le ripercussioni della chiusura si stanno manifestando nella perdita o nel rallentamento di ordinativi che hanno prodotto nel solo mese di marzo la perdita di 3.000 posti di lavoro, in maggioranza lavoratori a tempo determinato o in somministrazione».

********************************************************************************************************

Il calo previsto viaggia tra il 50 e l’80% del fatturato. Quello che una volta era la miniera d’oro della Bergamasca, il settore tessile, esce con le ossa rotte dalla crisi del coronavirus. I marchi storici e importanti hanno quasi tutti continuato a lavorare, ma da qui a produrre e vendere il passo è lungo.

Oltre 1.300 aziende, quasi 30mila addetti, alcuni dei nomi più famosi della moda e del tessuto con sede in provincia: il tessile da sempre rappresenta un marchio distintivo della creatività bergamasca. In crisi da anni, forse il virus è riuscito dove la concorrenza cinese ha lasciato il lavoro a metà.

«Aumentano a dismisura le richieste di Cassa, pochi ordini e qualche riconversione nel business delle mascherina non possono tenere in piedi per troppo tempo la struttura del tessile bergamasco. Altre navigano a vista. L’abbigliamento, l’arredamento, l’automotive e altre applicazioni tessili ad oggi sono in attesa che ci sia una ripresa dei consumi . Difficile fare previsioni ma si rischia di andare incontro ad una nuova crisi». Cristian Verdi, nuovo responsabile della Femca Cisl di Bergamo, legge con naturale apprensione la situazione del settore in provincia.

Soprattutto nel settore moda, le imprese sono in cerca di liquidità: Femca, come fatto in precedenza da Cisl, chiede alle banche responsabilità e collaborazione. «Non è difficile pensare che per i prossimi 3 mesi aumenterà il fabbisogno di liquidità. E in quest’ottica il tessile è il sistema che esprime il bisogno più alto. Le attese sui ritardi e gli insoluti di entità sopra il 20% vedono ancora le aziende del sistema moda lanciare i segnali più allarmanti. Serve senso di responsabilità e collaborazione per permettere all’imprenditoria tessile e della moda bergamasca di continuare ad esprimere i livelli di eccellenza dimostrati nel passato. È importante usare le misure di liquidità volute dal Governo in modo efficace nel breve, e cercare più ampie soluzioni di collaborazione, per agire sull’economia reale, con una visione di ampio respiro temporale».

In una panoramica prodotta dalla segreteria Femca di Bergamo, i gruppi maggiori evidenziano situazioni di forte precarietà. Nella Valle Seriana, epicentro del dramma sanitario, e oggi di quello economico, molte grandi aziende lamentano «uno stallo per almeno due mesi, casse richieste e effettuate per oltre 3.000 lavoratori, perdite stimate di produzione e fatturato per oltre il 60% - dice Verdi -. In marzo e aprile praticamente si è prodotto quasi nulla. ora si sta lavorando per recuperare le settimane chiuse per Covid, ma con fatica. La fermata dell’automotive e la mancata ripartenza di altri settori committenti delle fabbriche seriane lascia grande incertezza anche nella programmazione del lavoro. Quasi tutte le aziende hanno già fatto le 9 settimane di Cigo per Covid previste dal primo Dpcm e ora si pensa a come affrontare le prossime. I grandi investimenti effettuati per quest’anno sono andati quasi persi, e tutto è rallentato dai mesi di epidemia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA