«Ci si deve preparare a un Natale sobrio»
Fabretti, la terza ondata è dietro l’angolo

Fabrizio Fabretti, direttore di Rianimazione 3 al Papa Giovanni: attenti ai cluster familiari, essere in zona arancione significa che la guardia deve restare alta.

Da oggi la Lombardia è in zona arancione: il Comitato tecnico scientifico ha ravvisato segnali costanti di miglioramento della curva pandemica e l’Rt sta scendendo progressivamente. Ma non deve essere un «liberi tutti».

«Nient’affatto, per noi che da marzo stiamo lottando per salvare vite dall’attacco del Sars-Cov2, questo è un momento estremamente delicato. Se ci sono segnali incoraggianti, non deve passare il messaggio che siamo fuori pericolo – afferma Fabrizio Fabretti, direttore dell’Unità di Anestesia e Rianimazione 3 dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo – . Il fatto che stiano calando i ricoveri e che l’ospedale tutto, a Bergamo, sia in una situazione più tranquilla non significa che ci si possa rilassare. Anzi, vorrei fare un invito a tutti: la popolazione bergamasca ci aiuti a continuare a lavorare bene come abbiamo lavorato in queste ultime settimane: ci si deve preparare a un Natale sobrio. Se riaprono i negozi non ci si deve scatenare in assembramenti, affollamenti, riunioni tra familiari, visite a parenti e amici. Essere in zona arancione significa che bisogna mantenere alta la guardia. E fare in modo che i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari dell’ospedale Papa Giovanni possano continuare a curare con una maggiore tranquillità. Ognuno deve fare la sua parte». Il rischio, senza nascondersi dietro giri di parole, è quello di una terza ondata: se si «sciolgono le briglie», dopo Natale la curva dei contagi potrebbe rialzarsi.

«Ci si aspetta una terza ondata, è vero – continua Fabretti – . Le ipotesi di un progressivo allentamento delle restrizioni, della riapertura delle scuole, il nodo dei trasporti non ancora risolto fanno pensare. E tanto dipenderà da come si comporterà la popolazione. I bergamaschi sono stati bravissimi, sono bravissimi: probabilmente li aiuta anche una sorta di immunità acquisita durante i tragici giorni della scorsa primavera, quando il virus qui ha colpito in maniera violenta. Serve ancora costanza. E pazienza. È la lezione che ci stanno dando i numeri che stanno scendendo adesso: il lockdown , seppure alleggerito, sta funzionando. E proprio ora non bisogna demordere. Bisogna evitare spostamenti inutili, assembramenti e anche limitare all’essenziale i contatti interpersonali». Sobrietà, quindi, deve essere l’imperativo da ora fino alle feste natalizie. «Anche dopo. E direi anche l’imperativo della distanza, anche all’interno della cerchia parentale: abbiamo assistito a troppi cluster familiari, non possiamo permetterci di sbagliare: sappiamo come funziona la diffusione del virus, non è come nella scorsa primavera. Quindi un Natale sobrio, e con la giusta distanza tra le persone, ci garantirà una marcia di avvicinamento verso il vaccino antiCovid decisamente più agevole». Una strada che al momento, non sembra comunque del tutto in discesa, nonostante ci siano già almeno tre prodotti al rush finale: quando arriverà, si possono fare previsioni? «Ragionevolmente entro gennaio potrebbero esserci le prime dosi, ma sarà un passo iniziale – rimarca Fabretti – . Serviranno mesi per raggiungere una percentuale di copertura che possa metterci al sicuro, e poi andrà verificata la durata dell’immunizzazione. Diciamo che non è peregrino pensare che forse entro la fine dell’estate si potrebbe arrivare a una situazione decisamente più tranquilla».

Quindi, oltre a prepararsi a un Natale sobrio, bisogna convincersi che con la mascherina si dovrà convivere a lungo. «La sola soluzione contro il Covid è il vaccino. Abbiamo molte conoscenze in più, su questo virus, abbiamo capito anche che si possono e si devono allargare le cure a casa: il protocollo indicato di recente da Giuseppe Remuzzi e Ferdy Suter è quello giusto. Tenere le persone isolate a casa, per quanto possibile, e assistite con precisi farmaci e seguite al proprio domicilio fa circolare meno il rischio di contagio, e riduce gli affollamenti negli ospedali – conclude Fabretti– .In questa seconda ondata il Papa Giovanni XXIII ha retto bene, grazie all’impegno della direzione aziendale e di tutti i medici che si sono prodigati per allargare gli spazi a disposizione per i ricoveri e i letti in Terapia intensiva. Abbiamo dato una corposa risposta a bisogni di altre zone lombarde in estrema difficoltà. Ora siamo in una situazione che si sta tranquillizzando, possiamo curare senza l’affanno che si può avere in un ospedale al limite della capienza, dedicando a ogni malato tutto il tempo e la calma necessari. Ma per continuare in questa lotta, e quindi abbattere i nuovi contagi, è necessario l’aiuto di tutti. La popolazione deve rispettare distanziamento e igiene, e mantenere sempre la mascherina. Se non sarà così, il timore della terza ondata, che potrebbe sommarsi anche ai picchi influenzali, diventerà una certezza. Non sprechiamo i sacrifici fatti finora ».

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