Commercianti, uno su otto non riaprirà
Il 43% avrà difficoltà a pagare l’affitto

In 600 hanno risposto al questionario di Ascom, Confesercenti e Bg Tv. «Quadro pesante». Un’impresa su due non ha liquidità per andare avanti.

Un commerciante su otto non riaprirà la propria attività e tre su dieci ci stanno pensando. L’indagine realizzata in città e provincia da Ascom e Confesercenti, in collaborazione con Bergamo Tv, dimostra come l’emergenza causata dal Covid-19 rischi realmente di mettere in ginocchio il commercio orobico. Al questionario, redatto in forma anonima, hanno risposto 600 imprenditori di commercio, turismo e servizi di Bergamo e Provincia. Bar, locali, ristoranti ed enoteche (oltre 300) i più rappresentati, ma l’indagine ha riguardato anche negozi di alimentari e abbigliamento, librerie, strutture ricettive, concessionarie.

I pubblici esercizi sono quelli che soffrono di più, i giovani che hanno avviato imprese del «food and wine» rischiano di dover chiudere perché travolti dai debiti. In serie difficoltà anche alberghi e affittacamere, che non lavorano da due mesi e si sono visti annullare le prenotazioni per l’estate. Alla domanda: «Ha intenzione di continuare a pagare regolarmente l’affitto?», il 43% risponde di no. Il 33% ha chiesto alla proprietà dei locali di negoziare un nuovo accordo, il 32 % si sta attivando per rivedere il contratto. Più della metà degli imprenditori intervistati si dice a corto di liquidi. Le perdite di guadagno stimate per il 2020 arrivano ad un massimo del 30% per il 36% degli interpellati, per il 38% si collocano tra il 31 e il 60% mentre il 26% prevede oltre il 60% di mancati introiti. Nonostante tutto, il 57% dei commercianti si dice intenzionato a riaprire, mentre il 31% dichiara di non essere ancora in grado di rispondere e il 12% afferma che ci sta pensando. La necessità di avere aiuti per andare avanti è scontata. Dal Governo i commercianti si aspettano contributi a fondo perduto, sgravi fiscali e interventi di detassazione. La speranza è di non dover rinunciare ai dipendenti ma la metà degli intervistati ci sta pensando o lo farà.

«Bergamo ha patito più di altre realtà, qui un commerciante su quattro ha perso un caro. – commenta Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti Bergamo –. Purtroppo siamo in una fase in cui ancora non riusciamo a dare risposte certe ai nostri associati, li aiutiamo a contrattare con locatori, fornitori e banche ma facciamo anche da psicologi. Vorrebbero capire quando e come riaprire, e in questo non possiamo aiutarli. Speriamo a breve di poter dar loro un sostegno concreto, sulla base delle decisioni prese da Governo e Regione. Una nota positiva c’è – conclude Rossi – , e riguarda una rinnovata fiducia da parte dei consumatori nei confronti dei negozi di vicinato. Hanno presidiato il territorio, in città come nei piccoli comuni. Stanno dando un contributo importante alla tenuta del nostro territorio e alla comunità».

«Non avevamo mai avuto un ritorno di questa portata: in meno di trenta ore 600 risposte al questionario – osserva Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo –. Segno che c’è una fortissima percezione del problema. Un’impresa su due non ha la liquidità per andare avanti e oltre il 40% si sta chiedendo se riaprire. Rischiamo un’ecatombe se non arrivano soldi e prospettive. Per i bergamaschi il pagamento dei debiti è una fede, chi dice di non essere in grado di pagare l’affitto rappresenta un dramma nel dramma. Uno su quattro non onorerà l’affitto e uno su due chiede contributi a fondo perduto per poter riaprire. Il quadro è molto pesante».

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