Coronavirus, la seconda ondata
ha colpito di più la fascia 10-14 anni

Nella Bergamasca l’incidenza è stata di 15,4 casi ogni mille abitanti. Età media ridotta di un terzo: da 62 a 43 anni.

È l’età della socialità, delle interazioni, del contatto. Ma è anche l’età dove il virus ha fatto più breccia, numeri alla mano: a Bergamo, nella seconda ondata, l’incidenza maggiore dei contagi s’è avuta tra i 10 e i 14 anni, in quella fascia di ragazzini che frequentano le scuole medie o la prima superiore. Ogni mille di questi pre-adolescenti, a partire da settembre circa 15 di loro hanno contratto l’infezione; ne sono stati colpiti ancor di più rispetto ai ragazzi tra i 15 e i 19 anni, una delle età al centro del dibattito nazionale (leggasi scuole, superiori nello specifico), e nettamente di più anche degli anziani, certo con decorsi differenti nella malattia. Il flash sull’elevata circolazione del Sars-CoV-2 tra la popolazione in età scolare emerge da un’elaborazione del Servizio epidemiologico aziendale dell’Ats di Bergamo, all’interno di una più ampia fotografia dedicata a confrontare l’andamento «anagrafico» delle due ondate.

La premessa, appunto, è che le due fasi del virus in Bergamasca hanno avuto un andamento assolutamente diverso, oltre che nei numeri assoluti, anche nell’identikit di chi ne è stato colpito. Fissati i riferimenti temporali, e cioè una prima ondata che si è esaurita a fine agosto e una replica che è iniziata da settembre, l’età media s’è ridotta di un terzo: 62 anni nella prima ondata, composta da circa 15.400 casi, e 43 anni nella seconda, dove le infezioni sono state attorno alle 13.800.

Come il Covid abbia colpito soprattutto gli anziani quando ha fatto irruzione nella nostra quotidianità da fine marzo in poi, è impresso nelle menti di tutti; i numeri, poi, ne danno una conferma più accurata. Praticamente solo sfiorati i bambini, i ragazzini e i giovani, la curva s’impennava col crescere dell’età: ogni mille residenti di quelle «coorti» in Bergamasca, nella prima ondata ne sono stati colpiti 14,5 tra i 50 e i 54 anni, 18,6 tra i 55 e i 59 anni, 20,8 tra i 60 e i 69 anni; poi l’escalation, con l’incidenza che galoppa a 26,7 tra i 70-74 anni, a 33,5 tra i 75-79 anni, a 39,6 tra gli 80-84 anni, fino al picco di 48,4 per gli over 85. Tradotto in numeri: da fine febbraio in poi, sui circa 33 mila bergamaschi oltre gli 85 anni, 1.586 sono stati contagiati dal Sars-CoV-2.

C’è poi il presente, la fase pandemica cominciata dopo l’estate, che in Bergamasca restituisce un andamento più o meno uniforme, privo di un picco legato alle fasce fragili d’anziani. La classe tra i 10 e i 14 anni, appunto, è quella che presenta l’incidenza maggiore: in valore assoluto, fanno 902 infezioni sui circa 58 mila pre-adolescenti che vivono nel territorio orobico, contro gli appena 51 della prima ondata. L’incidenza s’abbassa leggermente nelle classi d’età contigue: è al 12,5 ogni mille tra i 15 e i 19 anni (724 positivi su circa 57 mila), e anche tra i 20 e i 24 anni è al 12,8 (727 infezioni su 57 mila ragazzi). Valori tendenzialmente omogenei si osservano dai 25 ai 50 anni, prima che la curva assuma una traiettoria di discesa, l’esatto contrario di quel che capitò nella prima ondata: ora l’incidenza più bassa è tra i 65 e i 69 anni, con 8,5 casi ogni mille persone, e anche tra gli over 85 non supera l’11, praticamente un quinto della prima ondata. Da questa galassia di numeri, tra l’altro, traspare l’evidenza che il lavoro di testing ha coperto massicciamente tutti i segmenti anagrafici della popolazione bergamasca. Un esempio: da settembre, la linea diagnostica dedicata al mondo della scuola ha portato a un totale di circa 30 mila tamponi.

A conferma che la componente anagrafica dell’infezione sia oggi più che mai sotto la lente degli epidemiologi, c’è un ulteriore documento. È un monitoraggio «a puntate», a cadenza periodica, dell’Associazione italiana di epidemiologia: attraverso i dati raccolti in undici regioni «sentinella», Lombardia compresa, si sta passando in rassegna l’andamento della pandemia da settembre in poi proprio dal versante dell’età di chi contrae l’infezione. Un documento, questo, finito anche sul tavolo della Regione nel decidere il da farsi sulla riapertura delle superiori.

Il report mostra che la prima curva ad alzarsi in Lombardia, quando il coronavirus ha ripreso potentemente la circolazione, è stata quella dei 14-18 anni, cioè i liceali, flettendo dopo la reintroduzione della didattica a distanza per le superiori. C’è però una peculiarità rispetto al caso-bergamasco: in Lombardia e più in generale in tutta Italia, gli over-85 restano la fascia d’età con l’incidenza maggiore. A Bergamo, invece, il virus appare «più giovane».

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