Coronavirus, le mappe dei Comuni italiani
nel segno della trasparenza - Infografiche

Il lavoro di «Redazione Civica Comuni Covid» ha contribuito a diffondere i dati dei contagi a livello comunale.

Non che ce ne fosse bisogno, eppure l’emergenza coronavirus ha dimostrato ancora una volta che è molto difficile prendere decisioni senza dati. Vale per l’intero Paese, così come per piccoli Comuni di remote province. Non semplici numeri, immobili, da mostrare nelle conferenze stampa, ma canali di puntuale informazione aperti a tutti i cittadini, a disposizione di ricercatori, analisti, giornalisti, attivisti civici che - ognuno secondo la propria esperienza e preparazione - possono contribuire ad analizzare un fenomeno inedito come l’epidemia di coronavirus.

Nei territori più colpiti, come la Lombardia e la provincia di Bergamo, avere i dati dei contagi in tempo reale avrebbe permesso di individuare per tempo alcuni focolai e prendere contromisure fondamentali. Non è stato possibile nel momento dell’emergenza vera, quando migliaia di persone hanno riempito le terapie intensive degli ospedali. Non è possibile nemmeno ora che il peggio sembra essere passato e sarebbe molto importante evitare un’eventuale seconda ondata. Se la Protezione civile si è impegnata a raccogliere ed aprire i dati principali che fotografano l’andamento quotidiano dell’epidemia, non lo stesso si può dire delle Regioni. Ognuno ha deciso di far da sé: c’è chi ha pubblicato fin da subito tutti i dati a livello comunale, chi ha integrato le pubblicazioni nel corso delle settimane, chi invece non ha deciso di tenere tutto chiuso. A liberare i dati più interessanti ci hanno pensato molte esperienze civiche sul territorio, da Nord a Sud.

Una di queste si chiama «Redazione Civica Comuni Covid», un gruppo formato da attivisti, giornalisti, ricercatori e cittadini di ogni angolo d’Italia che, grazie alla regia e all’intraprendenza di Francesco Piersoft Paolicelli, aggiornano quotidianamente una mappa con i dati dei contagi nei Comuni dove sono disponibili i dati. E dove non sono disponibili, cercano di trovarli per aprirli a tutti i cittadini. Un lavoro fondamentale per permettere a tutti di conoscere la reale situazione sul territorio e informare al meglio la cittadinanza. Della redazione fanno parte anche Andrea Selva, Fabio Da Rolt, Mimmo Cucinella, Antonella Milanini, Danilo Supino, Michele Cignarale, Mario Caniello, Francesco Lanotte.

Racconta Francesco Piersoft Paolicelli che raccogliere e organizzare questi dati è stato molto difficile. «Sia perché i dati comunali non sono raccolti e pubblicati dalla protezione civile a livello centrale, sia perché i canali di comunicazione sono molto variegati: si passa da API pubbliche dell’Umbria, potentissime e puntuali, che permettono di risalire ai dati comunali, sia ai pdf di molte Regioni o Asl provinciali. Si veda la Puglia che fornisce il dato comunale con l’Asl di Lecce e sul resto c’è il silenzio totale. Oppure la Toscana che “visualizza” con punti i singoli comuni ma poi se vuoi il dato dei positivi totali o attualmente positivi non puoi ricavarlo. Insomma, molta disomogeneità che contribuisce a rendere complessa la ricerca. Ecco il perchè di una redazione civica fatta da professionisti volontari». I dati a livello comunale ci sono: li ottiene ogni giorno l’istituto superiore di sanità che però non li rende pubblici (almeno finora). Averli sarebbe importante sia in un’ottica di trasparenza, sia perché «avere tali dati - continua Paolicelli - permetterebbe una risposta immediata da parte delle autorità sanitarie (si vedano le attività di questi giorni in Germania o a Pechino) e accrescerebbe il senso di responsabilità dei cittadini. Dire “in Regione ci sono 33 casi” ci fa vedere il fenomeno normale e che quasi non ci riguarda. Dire che a Alberobello ci sono 20 casi, rende tutto diverso».

Da una prima analisi di questi dati così territoriali emerge che «ci sono sacche del paese dove l’infezione si è radicata e sviluppata in maniera anche decine di volte superiore ad altre aree. Inutile dire che la Lombardia è la zona più critica in assoluto e nonostante ci siano forbici importanti di differenza tra Comuni, mediamente il contagio è stato massivo. Altre zone d’Italia, sia per le caratteristiche morfologiche che per la bassa densità di popolazione, il Coronavirus è stato visto solo in televisione».

Anche e soprattutto la gestione dei dati durante l’epidemia ha dimostrato che l’Italia deve fare ancora molta strada sul tema della trasparenza perché «manca la cultura istituzionale a gestire il dato come diritto e come strumento per sviluppare senso critico e civiltà nella collettività - conclude Paolicelli -. Questa pandemia ha dimostrato che soggetti pubblici come la Protezione Civile ha le competenze per gestire i dati. Moltissimi professionisti, volontari, studenti, cittadini hanno riusato tali dati per fare analisi e capire meglio il fenomeno. Ci sono state anche aspre critiche contrapposte ma poche volte nella storia di questo Paese, non si è trattato un argomento così delicato alla stessa stregua delle partite di calcio (siamo tutti allenatori della nazionale). Ma ha anche messo a nudo l’incapacità istituzionale di usare gli open (government) data al servizio dell’open government. I cittadini non hanno potuto partecipare e collaborare insieme al decisore pubblico perché spesso i dati mancavano. Ergo, il decisore come ha fatto le sue scelte? Si veda di nuovo il tragico caso della Lombardia: ad un certo punto c’è stato il black out dei dati. E le conseguenze si sono viste».

Il lavoro di «Redazione Civica Comuni Covid» più che tecnico è politico «nel senso esteso del termine - spiega Andrea Selva -, e quindi da un lato di attivismo, partecipazione e coinvolgimento della collettività e, dall’altro, accountabilty dei decisori nei confronti dei cittadini, che poi altro non è che il principio su cui si fonda l’open government: rendere i procedimenti e le decisioni più trasparenti e aperti alla partecipazione dei cittadini. Alla base del progetto viene adottato un approccio inclusivo, sia per quanto riguarda la metodologia di lavoro sia per quanto riguarda l’engagement. Adottare un approccio inclusivo in un’attività civica di questo tipo implica non limitarsi a coinvolgere solamente persone con elevate competenze informatiche e digitali ma anche persone mosse da semplice curiosità e attivismo, aumentando potenzialmente il numero delle persone che possono dare il proprio contributo in un percorso di questo tipo».

L’obiettivo non è sostituirsi alle istituzioni pubbliche, «ma di dare ulteriore visibilità a livello puntuale e comunale dell’evoluzione del Covid-19 - continua Selva, nella convinzione che trasparenza e disponibilità dei dati pubblici siano fattori imprescindibili per la gestione dei processi che riguardano la comunità, per di più in una emergenza sanitaria di questo tipo».

«Il fatto che la Popolazione sia assoluta protagonista della pandemia ha certamente determinato una vera e propria fame di informazione di dettaglio da parte della stessa, fame che le Istituzioni hanno soddisfatto solo parzialmente e in modo progressivamente più carente man mano che si scendeva per ampiezza di territorio di riferimento- - spiega Mimmo Cucinella -. Se i dati assumono un valore fondamentale per la gestione collettiva di un fenomeno, nel caso specifico, per il singolo individuo hanno un valore importante anche come semplice informazione rispetto a quello che gli sta accadendo intorno, influenzando quindi i suoi comportamenti. Per cui è normale che quando si sente la necessità di informarsi, avendone le capacità, viene spontaneo provare a mettere a disposizione tali capacità per rispondere alla stessa esigenza da parte degli altri e questo si è voluto fare con questa iniziativa, scontrandosi purtroppo con la difficoltà di reperire le informazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e, personalmente, non credo che sia solo un problema di preparazione. Devo anche dire che ho notato nella popolazione la crescita nel tempo della capacità di interpretare i fenomeni partendo dai numeri, fermo restando chiaramente gli errori che comunque venivano commessi nel farlo».

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