Il grido di Deborha per le donne
«Ascoltate le loro denunce»

La ventitreenne ferita, sorella della parrucchiera uccisa a Curno lancia un appello dal letto dell’ospedale. «Le vittime che tentano di perdonare le angherie subite, come fece Marisa, vanno aiutate: sono in grave pericolo»

Sta meglio Deborha, la sorella di Marisa Sartori, 25 anni, uccisa una settimana fa a coltellate dal marito Ezzeddine Arjoun, sabato scorso nel garage di casa, a Curno, dove le due ragazze erano appena arrivate. Sabato 9 febbraio tutta la comunità bergamasca darà l’addio a Marisa, alle 15 nella chiesa parrocchiale di Curno, e Deborah, che aveva cercato di difendere la sorella dai fendenti del cognato e che sotto quei fendenti anche lei ha rischiato di morire, vorrebbe con tutte le sue forze poter essere lì, in chiesa, con mamma Giusi e papà Roberto: i medici del Papa Giovanni di Bergamo però, ritengono che Deborha non debba muoversi dal letto della sua stanza «protetta» in cui è stata trasferita dalla Terapia intensiva martedì, dove era stata portata dopo un delicato intervento per fermarle l’emorragia causata dai colpi del cognato.

«Bisogna ascoltare le loro denunce, e sapere con esattezza che anche quando, per l’ennesima volta, tentano di perdonare le violenze del loro aguzzino, proprio come aveva fatto tante volte mia sorella Marisa, restano e sono sempre in pericolo».

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