Il carcere cerca volontari
Studio e lavoro per i detenuti

La direttrice Mazzotta: «Servono rinforzi, porte aperte». Sono 511 i carcerati, 300 con pena definitiva a cui proporre attività.

Insegnanti, mediatori, tecnici, o semplicemente persone che abbiano sviluppato competenze nelle relazioni umane. Sono le figure (professionali e non) che il carcere di Bergamo sta cercando per dare una nuova spinta all’attività di volontariato alla casa circondariale di via Gleno. L’appello è arrivato direttamente dalla direttrice del carcere, Teresa Mazzotta, nel corso di un incontro sul tema della giustizia organizzato all’oratorio della Celadina, a cui ha partecipato anche don Virgilio Balducchi, storico cappellano del penitenziario cittadino.

La presenza di volontari si va assottigliando – ha ammesso la direttrice del carcere –. Quelli che ci sono stanno diventando anziani, oppure hanno impegni familiari più pressanti o ancora sono legati a progetti a tempo determinato». Oggi quelli «fissi» sono appena 30-35, ma ne servirebbero molti di più. «Più persone entrano in carcere, meglio è – ha aggiunto Mazzotta –. Abbiamo bisogno di due categorie: quelli che possano dare un sostegno morale alle persone che sono all’interno, penso soprattutto ai giovani tra i 18-25 anni, a chi entra in carcere per la prima volta e a chi è stato allontanato dalla propria famiglia e poi c’è chi può contribuire, con le proprie competenze, a trasmettere cultura e formazione». Il carcere ha stretto collaborazioni con istituti superiori e università, in particolare con l’istituto alberghiero («Perché il territorio lombardo chiede in particolare questo tipo di professionalità», ha rivelato Mazzotta), ma non tutti gli indirizzi sono coperti. «C’è chi, entrando, ha sospeso percorsi di studio tecnico-commerciale o professionale – ha detto ancora la direttrice – che potrebbero essere accompagnati da insegnanti esterni per arrivare poi a sostenere gli esami da privatisti». Insomma chi ha competenze, ma basta anche una semplice vocazione al volontariato, può bussare alle porte del carcere, attraverso un’associazione oppure anche come privato cittadino; all’amministrazione penitenziaria il compito di vagliare le proposte e di inserire forze nuove tra le fila sempre più scarne dei volontari che operano all’interno della struttura.

Una buona notizia arriva invece dal mondo del lavoro: sui 511 detenuti del carcere di via Gleno, oltre 300 sono quelli che stanno scontando una pena definitiva: tutte persone che avrebbero bisogno di studiare o di lavorare. L’amministrazione penitenziaria riesce a provvedere a un’ottantina di loro; per gli altri servono accordi con enti esterni (amministrazioni pubbliche, cooperative, aziende). «Negli ultimi mesi – ha concluso Mazzotta – grazie anche alle attività di informazione che abbiamo promosso all’esterno del carcere, 8-9 aziende si sono fatte avanti, offrendo opportunità di lavoro. In particolare, stiamo vagliando alcune attività di formazione legate all’istituto alberghiero e ai settori dell’assemblaggio e della robotica. C’è qualcuno che si è addirittura proposto di investire all’interno della casa circondariale per creare piccoli laboratori e professionalizzare queste persone, per poi assumerle una volta che avranno espiato la loro pena»

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