Il Natale della speranza
accanto ai bimbi fragili

È Natale anche per loro, lontani dalle lucine a intermittenza e dalle canzoni coi campanelli. È festa anche per loro, ma tra voci sussurrate e nella penombra di culle speciali a ricordare il grembo materno.

Bambini piccoli, bimbi fragili, quelli della Patologia neonatale del Papa Giovanni XXIII. Dovrebbero essere ancora nel pancione della mamma, invece sono venuti al mondo troppo presto o con problemi seri.

Per loro, in questi giorni, il reparto al secondo piano della Torre Uno si trasforma con piccoli dettagli, ma che sanno di casa. Fiocchi di neve in panno attaccati a quel vetro dietro al quale l’aria è carica di preoccupazione, ma soprattutto di speranza tra genitori che abbracciano delicatamente i loro piccini o, se non possono, li sfiorano appena. Nel corridoio, alberelli qua e là, e all’ingresso un presepe. E per il 25 dicembre una sorpresa, in questo caso per mamma e papà, che troveranno i loro «batuffoli» con una cuffietta di lana speciale, color rosso, grazie anche ai doni delle associazioni, tra cui il Cuore di maglia, e del personale, da sempre vicini ai piccoli pazienti e ai loro genitori.

Ed è Natale anche per i medici e gli infermieri, sia per chi resterà a vegliare sulle incubatrici, sia chi potrà concedersi qualche ora di riposo. Comunque in bilico tra sentimenti contrastanti, tra il desiderio di svago e il pensiero comunque là, a quei lettini: «Anche in questo periodo per noi i giorni sembrano uguali agli altri, il lavoro non cambia – commenta Giovanna Mangili, direttore della Struttura complessa di Patologia neonatale e Terapia intensiva neonatale – ma qualcosa di diverso c’è. C’è sicuramente una speranza in più, cioè che non ci siano emergenze pur con la consapevolezza delle tante situazioni gravi che abbiamo. Ci auguriamo che pur nella malattia si soffra di meno».

Per il personale resta e deve restare la lucidità del lavoro, ma con qualche sorriso in più: «C’è un coinvolgimento diverso – continua Mangili –. Ci sono anche momenti belli, come lo scambio degli auguri con i genitori, anche di chi è uscito dall’ospedale e resta legato al nostro reparto. Anche dopo anni, anche se non ci vediamo da tempo, arriva un biglietto o una foto». Un periodo in cui si intensifica un rapporto già familiare tra medici e infermieri con mamme e papà, ma anche tra i genitori «che instaurano qui un legame speciale, condividendo e vivendo gli stessi sentimenti, relazioni che al di fuori dell’ospedale molto probabilmente non si sarebbero mai create».

In questo reparto in cui tutto sembra diventare relativo «perché per i genitori c’è un’unica priorità, assoluta, la salute dei loro figli», la magia del Natale porta con sé anche un’atmosfera capace di distrarre, magari solo per pochi istanti, preziosi quando l’angoscia pesa sul cuore: «Mamme e papà vivono nella tristezza, sentono in qualche modo l’atmosfera, ma spesso tutto quello che li circonda gli scivola addosso».

Proprio per questa ragione, chi lavora in queste sale cerca di fare, soprattutto in questo periodo, del suo meglio per far respirare aria più familiare: «L’atmosfera è più buona, se così si può dire, chi lavora qui cerca di dare maggior senso di calore». E poi ogni anno c’è un appuntamento emozionante: «Pochi giorni fa è venuto a trovarci il vescovo, monsignor Francesco Beschi, che ha avuto una parola di conforto per tutti, trasmettendo serenità, amore e partecipazione. Tutto ciò poi resta e anche questo è un segno del Natale».

Il reparto è pieno, con i piccini che lottano e genitori che pregano, nell’ospedale dedicato a Papa Giovanni XXIII, il santo che tanto amava i bambini. E che non farà mancare loro una carezza per una buona notte e per un buon Natale.

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