Inchiesta Covid in Bergamasca, slitta ancora la consulenza di Crisanti

La relazione del virologo dovrebbe essere depositata tra la fine di maggio e la prima metà di giugno, il professore sta ancora incrociando i dati dopo aver ricevuto nuove carte sull’ultimo fronte aperto che riguarda l’eventuale incidenza sui contagi del mancato aggiornamento del piano pandemico.

Slitta ancora di un paio di mesi il deposito della consulenza di Andrea Crisanti, il noto virologo incaricato dalla Procura di Bergamo di rispondere ad alcuni quesiti nell’ambito dell’indagine sulla gestione del Covid nella Bergamasca. Il motivo per cui la relazione dovrebbe essere depositata tra la fine di maggio e la prima metà di giugno è che il professore sta ancora incrociando i dati dopo aver ricevuto nuove carte sull’ultimo fronte aperto che riguarda l’eventuale incidenza sui contagi del mancato aggiornamento del piano pandemico.

Infatti, il Procuratore della Repubblica Antonio Chiappani, l’aggiunto Maria Cristina Rota e i pm che coordinano l’inchiesta - nella quale da circa un mese è iscritto pure Ranieri Guerra, il direttore vicario dell’Oms accusato di aver reso false dichiarazioni ai pubblici ministeri - hanno inviato a Crisanti ulteriori documenti raccolti in particolare lo scorso gennaio a Roma sia attraverso acquisizioni da parte della Guardia di Finanza sia nel corso delle audizioni dei tecnici del Ministero della Salute e dell’Iss. Sul tema, in un’intervista che andrà in onda questa sera su Report e anticipata sui social, l’aggiunto Rota ha parlato delle «difficoltà» incontrate nel corso delle indagini per l’«atteggiamento reticente» dei dirigenti romani “quasi ci fosse il timore di indicare un nominativo» di chi «avrebbe dovuto fare qualcosa, anche solo trasmettere un documento». Inoltre ha sottolineato come l’Oms, che aveva fatto valere l’immunità diplomatica per i suoi ricercatori convocati dai pm, «addirittura aveva chiesto che ci fosse una vigilanza del ministero, sull’operato della Procura della Repubblica» per controllarne «la correttezza». Cosa che «non è piacevole».

I pm di Bergamo lo scorso 8 marzo, hanno inviato a Ginevra, al quartier generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, una rogatoria per chiedere «tutta la documentazione ricevuta dalle Autorità Sanitarie italiane comprovante lo stato dell’aggiornamento del piano di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale» e dei questionari di autovalutazione trasmessi dagli allori dirigenti del ministero dal gennaio 2009 al giugno scorso. E poi per avere informazioni sul rapporto, sparito dal sito web dell’organismo dell’Onu, con cui i ricercatori della divisione europea guidati da Francesco Zambon avevano rilevato come l’Italia, l’anno scorso, non aveva le «armi» adeguate per affrontare l’emergenza Coronavirus. Una vicenda nella quale, come emerge dalla richiesta di assistenza giudiziaria, Guerra non solo non avrebbe detto la verità durante la sua testimonianza lo scorso 5 novembre, ma si sarebbe «adoperato personalmente alla rimozione dal sito di Oms del report», la cui pubblicazione era stata autorizzata l’8 maggio scorso, spiegando in un messaggio del 14 maggio successivo inviato via chat al presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Silvio Brusaferro di essere «andato su Tedros», il direttore generale dell’Oms, «e fatto ritirare il documento» dopo aver «mandato scuse profuse al ministro» Roberto Speranza e, si ipotizza, aver fatto «pressioni» su Zambon. Dalle indagini infine risulta che lo studio dei ricercatori di Venezia intitolato «An unprecedented challenge - Italy’s first response to Covid-19» sarebbe stata cancellata anche una parte che riguardava la Cina.

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