Influenza, l’incidenza è un terzo del 2019
«Più protetti dalle mascherine»

Nell’ultima settimana in Lombardia 1,19 casi ogni mille abitanti contro i 3,8 dell’anno scorso. Marinoni: «Ma il vero picco deve arrivare».

La curva ha imboccato un’altra strada, verso il basso. Lo ha fatto nelle settimane scorse, ma è nell’immediato orizzonte che si staglia il vero banco di prova. L’avanzata dell’influenza in questa stagione sta comunque registrando numeri bassi, quasi abbattuti rispetto al passato: praticamente, la portata dei contagi si ridotta a un terzo del solito.

Lo raccontano le elaborazioni di Influnet, il sistema di sorveglianza epidemiologica dell’influenza stagionale coordinato dall’Istituto superiore di sanità (Iss), e i dati di Regione Lombardia. Nell’ultima settimana analizzata, quella dal 21 al 27 dicembre, in Lombardia s’è registrata un’incidenza di 1,19 casi di sindromi simil-influenzali ogni mille abitanti: nel 2019, nella stessa settimana l’incidenza era del 3,8, più di tre volte il valore osservato quest’anno. L’incidenza maggiore s’è avuta nella fascia d’età 0-4 anni, con 2,25 casi ogni mille persone; 0,48 ogni mille persone i casi nella fascia 5-14 anni; 1,21 ogni mille persone i casi tra i 15 e i 64 anni; 1,31 ogni mille persone i casi tra gli over 65.

Anche l’andamento della curva influenzale recente conferma la contrazione: nella settimana 14-20 dicembre, l’incidenza è stata di 1,57 casi ogni mille persone contro i 4,9 casi ogni mille persone dello stesso periodo del 2019; nella settimana ancora precedente, quella 7-13 dicembre, l’incidenza è stata dell’1,63 contro il 4 dell’analogo periodo del 2019. In realtà, l’avvio di questa stagione influenzale - che viene indicato nella 42esima settimana dell’anno, quindi dal 12 ottobre - aveva visto un’incidenza iniziale leggermente superiore a quella del 2019, ma dalla 46esima settimana (dal 16 novembre) il trend è costantemente sceso sotto il livello dell’anno precedente.

Tradotto in numeri: se alla fine del 2019 in Lombardia si stimava che circa 310 mila persone avessero contratto l’influenza, quest’anno siamo a 250 mila persone; 60 mila persone in meno hanno affrontato la malattia. La vera sfida inizia però adesso: i grafici storici mostrano che è dall’inizio di gennaio che i casi influenzali si moltiplicano col ritmo maggiore.

«Virus meno contagioso»

«Fino a oggi non abbiamo registrato numeri importanti sull’influenza, anche se il vero picco inizia in questo periodo – conferma Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo -. Il virus dell’influenza è meno contagioso del Covid: se uno dunque si protegge per il Covid, è protetto anche dall’influenza».

Distanziamento, mascherine, igiene delle mani sono alleati anche del vaccino antinfluenzale: «I risultati della campagna vaccinale antinfluenzale, nella fascia della popolazione anziana, a Bergamo sono in linea con quelli degli anni precedenti e collocano la nostra provincia al primo posto in Lombardia, questo nonostante le note difficoltà e i ritardi nell’approvvigionamento del vaccino e nonostante le problematiche di un’organizzazione che ha rispettato rigorosamente le norme di protezione anti-Covid – prosegue Marinoni -. È l’ennesima testimonianza di come solo col coinvolgimento concreto dei medici di famiglia sia possibile realizzare una campagna vaccinale di massa e come a Bergamo, grazie all’impegno dei professionisti e al supporto del dipartimento di cure primarie dell’Ats, ciò si sia potuto realizzare, pur con una rete territoriale sotto stress per la pandemia». Da una vaccinazione all’altra, il lavoro fatto per l’antinfluenzale è una delle basi da cui partire per il siero anti-Covid, quando la campagna proporrà la somministrazione più a tappeto sulla popolazione: «L’unico modo per avviare le vaccinazioni anti-Covid su larga scala, e lo si farà col vaccino di Astrazeneca per questioni di conservazione, sarà replicare il modello organizzativo messo in campo per l’antinfluenzale», rimarca Marinoni.

«Campagna impegnativa»

«La campagna vaccinale 2020 è stata impegnativa – commenta Roberto Longaretti, medico coordinatore dei Centri di riferimento territoriali -, sia per l’aumentata richiesta da parte della popolazione, sia per problemi logistici legati alla pandemia. Tuttavia, grazie all’impegno delle istituzioni amministrative e alla stretta collaborazione tra Ats e i medici di medicina generale, rappresentati dai Centri di riferimento territoriale, siamo stati in grado di assicurare il fabbisogno vaccinale. Abbiamo potuto avvalerci di luoghi esterni agli ambulatori, individuati da Ats, in grado di garantire distanziamento e sicurezza per i pazienti, grazie all’aiuto e disponibilità dei sindaci e della Protezione civile. Abbiamo costantemente rilevato gli ammanchi dei nostri colleghi quanto a numero di vaccini necessari per coprire le urgenze, fornendo loro vaccini provenienti da colleghi che invece avevano un surplus. La nascita dei rappresentati dei medici di medicina generale, la loro collaborazione reciproca, il confronto continuo e costante, sette giorni su sette, con la direzione di Ats, ha permesso di dare risposte concrete di fronte a criticità contingenti e uniformità di azione e di intenti»

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