Bossetti, la requisitoria fiume del pm Ruggeri
Ecco i 10 punti principali - La scheda

Caso Yara, il pm Letizia Ruggeri ha chiesto l’ergastolo e 6 mesi di isolamento per Massimo Bossetti. Una requisitoria fiume che si è protratta per due udienze e 13 ore: la prima è durata 8 ore, la seconda 5. Ecco i dieci punti principali dell’accusa.

1 - YARA Il pm, cominciando la sua requisitoria (150 pagine di appunti), ha detto che, nelle fasi iniziali dell’inchiesta, «ci spaccammo la testa» per cercare di capire le ragioni della scomparsa della tredicenne. «Ipotizzammo di tutto, dallo scambio di persona al rapimento - ha detto il magistrato - e questo lo dico perché fummo costretti ad andare a vedere il vissuto di questa ragazza. Emerse che era una ragazza normalissima, senza alcun segreto».

2 - L’OMICIDIO Ruggeri ha ripercorso in aula tutte le fasi del caso: dalla scomparsa alle ricerche, fino al ritrovamento del cadavere. E proprio sul corpo di Yara si è soffermata, specificando la tipologia di lesioni rinvenute, le armi che si suppone siano state usate e l’agonia a cui è stata sottoposta la ragazzina. Dettagli che il pm ha voluto specificare, parlando di morte per «ipotermia e lesioni», proprio per sottolineare come «chi ha ucciso Yara Gambirasio si è accanito». «Sulla tredicenne - ha spiegato il pm - incapace di difendersi perché tramortita con un corpo contundente, furono inferte delle ferite, non mortali, e che sembra avessero lo scopo di infierire sulla ragazza». Yara «avrà provato paura e dolore», ha evidenziato il magistrato.

3 - I CAPI D’IMPUTAZIONE Letizia Ruggeri ha elencato i capi di imputazione, specificando oltre al reato di omicidio, la calunnia e le due circostanze aggravanti: la cosiddetta minorata difesa (per aver «approfittato di circostanze di tempo e di luogo – un campo isolato – di tempo – in ore serali/notturne – e di persona – un uomo adulto contro un’adolescente di 13 anni – tali da ostacolare la difesa») e, la seconda, l’aver «adoperato sevizie e aver agito con crudeltà». Quest’ultima è un’aggravante che consente di invocare la pena dell’ergastolo.

4 - IL DNA Il pubblico ministero ha parlato a lungo del dna, concentrandosi sui prelievi fatti durante l’indagine per risalire al colpevole dell’omicidio. Sempre a proposito del dna, il pm Ruggeri ha detto che il fatto che non si sia potuto stabilire con certezza se la traccia da cui fu estratto fosse sangue non «inficia il risultato identificativo». Letizia Ruggeri ha poi citato due sentenze, una del 2004 e un’altra del 2013, in cui il dna assumerebbe valenza di prova se ripetuto più volte. Per i legali dell’imputato, Camporini e Salvagni, le due sentenze sostengono esattamente il contrario.

5 - IGNOTO 1 Il pm Letizia Ruggeri ha spiegato nel dettaglio il procedimento grazie al quale si è arrivati all’identificazione del muratore con il presunto omicida ed ha sottolineato come questo modo di procedere «sgombera il campo dall’idea di voler trovare a tutti i costi un colpevole». «La bontà di questo percorso scientifico - ha detto il pm - è data dal fatto che il match (confronto) del dna è stato fatto ad un uomo nato e cresciuto in queste zone, che lavora nell’edilizia, nato a Clusone, che ha avuto la residenza a Brembate con lavori sempre svolti in zona. Si è partiti da un dna che non si conosceva, abbiamo fatto dei riscontri. Se non avessimo avuto il dna questo soggetto non sarebbe mai stato trovato. Non sapevamo chi fosse, non era un sospettato, il suo dna non è mai stato raccolto». «Non vi sono spazi di discussione - ha aggiunto - per quanto riguarda la validità del lavoro scientifico svolto dal Ris e dai consulenti».

6 - CELLE TELEFONICHE Il pm ha parlato anche delle indagini svolte sul telefonino di Bossetti. Il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa di Yara, l’ultima telefonata del muratore di Mapello è alle 17,45, poi silenzio fino alle 7,30 della mattina dopo.

7 - IL DEPISTAGGIO - Secondo Ruggeri, Bossetti il giorno dell’arresto «tentò di fuggire» dal cantiere di Seriate dove erano arrivati i carabinieri perché «era consapevole» che lo stavano cercando. Inoltre, subito dopo, cercò di «depistare» le indagini calunniando l’ex collega Maggioni e «mentendo sulle sue frequentazioni per costruirsi un alibi».

8 - IL MOVENTE Il pm Ruggeri nell’udienza di mercoledì 18 maggio ha evidenziato che «non è possibile individuare un movente» per il delitto di Yara o affermare che la vittima e Bossetti si conoscessero. Le ipotesi sono due: «O Bossetti l’ha convinta a salire – ha detto il magistrato durante la requisitoria – o l’ha tramortita». Per il pubblico ministero il delitto sarebbe da ricondurre a un’«incapacità di controllarsi» di Bossetti: su questo punto Letizia Ruggeri nella sua requisitoria davanti alla Corte ha fatto un paragone con il caso giudiziario del camionista di Verdellino Roberto Paribello, che nel 2002 dopo un incidente stradale sequestrò e uccise una ragazza gettando poi il corpo in un canale dell’Enel a Marne di Filago: nel marzo 2005 la Corte di cassazione confermò, con sentenza definitiva, i giudizi di primo e secondo grado, punendo il camionista con il carcere a vita.

9 - IL FURGONE - A proposito degli accertamenti sulle telecamere di Brembate Sopra, ha spiegato che «l’uscita di Yara» dal centro sportivo «è compatibile con il passaggio di Bossetti», mentre per quanto riguarda le fibre tessili trovate sui suoi indumenti ha spiegato che il «furgone di Bossetti è idoneo a generare fibre come quelle». Ruggeri ha infatti «smontato» le misurazioni condotte dal consulente della difesa Ezio Denti, secondo il quale il «passo» (distanza tra le ruote, ndr) del mezzo ripreso nei filmati della ditta Polynt sarebbe diverso da quello del furgone di Bossetti. Il pm ha parlato di «approssimazione» delle misurazioni del consulente e «mancanza di prospettiva», mettendo dunque in dubbio la validità degli accertamenti della difesa. Durante questi passaggi della requisitoria dal pubblico si sono sentiti commenti e mormorii, il giudice Bertoja è intervenuta dicendo: «Non siamo al cinema».

10 - «GRAVITÀ, PRECISIONE E CONCORDANZA» - Letizia Ruggeri ha spiegato che oltre alla «prova genetica», ovvero al dna che rappresenta «il faro dell’inchiesta», a carico del muratore di Mapello vi è «un corollario significativo» di indizi caratterizzati da «gravità, precisione e concordanza»: i tabulati telefonici dell’imputato e le immagini del mezzo ripreso dalle telecamere di sorveglianza della zona. «Elementi che vanno letti complessivamente» e che dimostrano come «non cercammo di cucire addosso degli elementi, ma cercammo riscontri in quello che già c’era». I tabulati telefonici di tutte le persone che transitarono a Brembate il 26 novembre 2010 e le immagini delle telecamere - ha ricordato l’accusa - furono acquisite, infatti, nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa della ragazza, mentre la figura di Bossetti comparve nel giugno 2014.

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