La sfida della signora della Carrara
«70 mila visitatori? Possiamo farcela»

Prima giornata in Accademia Carrara venerdì 18 dicembre per la neodirettrice Emanuela Daffra.

Una partenza in sordina, un giro veloce nelle sale e poi l’incontro con il cda della fondazione. «Sono stata a riguardarmi la Carrara con occhio diverso”, confessa la storica dell’arte milanese. Anticipiamo un estratto dell’intervista che sarà pubblicata sabato 19 dicembre in esclusiva su L’Eco di Bergamo.

Sale su un treno in corsa, a otto mesi dall’inaugurazione del museo e con una fondazione in fase di rodaggio. Quali saranno i suoi primi passi?

«Proprio perché si tratta di salire su un treno che sta marciando e bene, perché i dati sono molto positivi, la prima cosa in assoluto che credo di dover fare è cominciare a lavorare con tutti quelli che hanno dato il loro contributo sino ad oggi. Sarà un mestiere di tessitura di quanto già avviato. Non ha senso pensare di dare immediatamente un taglio soltanto mio. Non si parte mai da zero in situazioni del genere. Sarebbe irresponsabile».

Il sindaco Gori ha dichiarato che l’obiettivo è arrivare a 70 mila visitatori l’anno, cui andrebbero ad aggiungersi 60 mila visitatori in media per le mostre temporanee. Sono numeri verosimili per un museo come il nostro?

«Credo di sì. Ci sarà da lavorare moltissimo, ma lavorando bene sono cifre verosimili».

Quanto incidono su questi numeri le mostre temporanee?La convenzione tra Comune e Fondazione ne prevede una ogni 18 mesi.

«Io sulle mostre sono un po’ frenata. L’obiettivo di una grande mostra ogni 18 mesi è praticabile. Una mostra seria e ben riuscita, ben spiegata, accattivante, richiede tempo e molte energie, che spesso vanno a scapito della gestione ricca e ordinaria del museo. Dico ricca perché non dobbiamo immaginarci un museo sempre fermo ma un luogo dinamico in cui costantemente accadono cose. Mostre sì, ma con una cadenza giudiziosa».

Le faccio i nomi di Pisanello e Vivarini. Che effetto le fanno?

«Non so nulla di concreto di queste due esposizioni, nei prossimi giorni cercherò di capire qual è il livello di preparazione di entrambe. Mi sembrano due nomi su cui si può lavorare molto bene ma in modo molto diverso. La mostra sui Vivarini potrebbe essere una nuova, ulteriore occasione di ripercorrere il territorio. Con Pisanello si va su tutto un altro piano. Il grande artista internazionale che lavorava nelle corti, infinitamente più raffinato, più bravo forse dei Vivarini e verrebbe proposta un’esposizione che non ha nessun carattere di coinvolgimento del territorio, più monografica, disincarnata rispetto a Bergamo, se non per la presenza di quel ritratto straordinario che abbiamo in pinacoteca».

Da Brera a Bergamo. Due mondi molto diversi, difficili da confrontare. Cosa si aspetta dalla nostra città e dal suo territorio?

«Da un certo punto di vista è un ritorno a casa. Ho seguito per tanti anni le valli orobiche da funzionario della Soprintendenza, ed è un territorio che ho amato moltissimo. Io mi aspetto rispetto a Brera una maggiore risposta della città, proprio perché una delle caratteristiche che ho potuto constatare è stato il cocciuto amore che i bergamaschi hanno per il proprio patrimonio».

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