Medicina, 803 iscritti al test
«Tempi maturi per una facoltà»

Il 3 settembre l’Ateneo sarà sede della prova nazionale per i bergamaschi. Si cerca uno spazio adeguato. Il rettore: «Naturale completamento di un percorso iniziato 15 anni fa».

Un tempo si sarebbe parlato di effetto «E.R. Medici in prima linea». Questa volta, però, a influenzare la scelta di 803 ragazzi bergamaschi non è stata la serie televisiva di turno, bensì la realtà che hanno vissuto sulla propria pelle solo pochi mesi fa. 803, infatti, sono gli iscritti (entro il termine del 23 luglio) alla prova di accesso ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e chirurgia e Odontoiatria. Il test in presenza si terrà il 3 settembre, alle 12, come in tutta Italia, all’Università di Bergamo. «Per la prima volta – spiega il rettore Remo Morzenti Pellegrini – siamo sede del concorso, perché il decreto ministeriale ha stabilito che tutte le città sede di università debbano ospitare il test nazionale di Medicina e che gli studenti debbano farlo sul proprio territorio. Si evitano così spostamenti in massa in periodo di emergenza sanitaria».

Per la prima volta, quindi, si ha il dato esatto dei giovani bergamaschi che tentano questo percorso universitario. «Ed è un numero impressionante – fa notare il rettore –, frutto anche di come le nuove generazioni siano state segnate da quello che hanno vissuto, direttamente o indirettamente, nei mesi scorsi, su un territorio così colpito dalla pandemia come il nostro. Si può dire che abbiano fatto “orientamento sul campo”». Una partecipazione che richiede all’Università uno sforzo organizzativo notevole. In aggiunta agli altri due test già previsti a settembre: quello d’accesso al corso di Scienze di formazione primaria e quello per insegnanti di sostegno (in entrambi i casi con iscritti da tutta Italia, perché non è prevista la territorialità).

«Siamo alla ricerca della soluzione migliore per lo svolgimento in totale sicurezza del test di Medicina», fa sapere il rettore. In pratica serve uno spazio adatto per garantire il distanziamento. Scartata l’ipotesi della Fiera, ancora occupata dall’ospedale da campo, si sta cercando un piano b, anche in collaborazione col Comune. «Si è pensato anche di usare in contemporanea tutte le sedi dell’Università, ma non è semplice – spiega Remo Morzenti Pellegrini –. Basti pensare che l’Aula Magna ha 560 posti di cui non più di 150 utilizzabili per le norme anti-Covid. Ce ne vorrebbero quindi almeno 5 di Aule Magne ma non le abbiamo».

Il futuro

Il test si inserisce in un quadro di potenziamento delle facoltà di Medicina su tutto il territorio nazionale. «Il ministro, nella Conferenza dei rettori di giovedì scorso – fa il punto Remo Morzenti Pellegrini – ha annunciato un aumento dei posti d’ingresso dagli 11.568 dell’anno scorso ai 13.072 per l’anno accademico 2020-2021, ma soprattutto ha confermato un aumento considerevole dei posti di specializzazione, che erano il vero nodo da sciogliere, chiedendoci la disponibilità per ospitare anche quelle prove». In tutta Italia partiranno nove nuovi corsi di laurea magistrale in Medicina.

Per il rettore dell’Ateneo di Bergamo i tempi sono maturi per portarlo anche nella nostra città. «Nel medio termine – sostiene –, considerato il ruolo di Bergamo nel panorama delle università lombarde e la vocazione del territorio come filiera della salute, sarebbe il naturale completamento di un percorso che l’Università ha avviato 15 anni fa con il corso di Psicologia clinica e che si è via via rafforzato nel tempo con Ingegneria delle tecnologie per la salute, progetti di sviluppo e ricerca con la sanità pubblica e privata fino al corso in medicina in lingua inglese, in partnership con Milano-Bicocca, ospedale Papa Giovanni e Università del Surrey».

Del resto l’idea non s’improvvisa oggi. Scorrendo le pagine del libro per i 40 anni dell’Ateneo, l’indimenticato direttore del Museo storico Mauro Gelfi ricordava il tentativo, effettuato nel 1965, di portare a Bergamo la Facoltà di Medicina. «Come testimoniato dall’onorevole Giancarlo Borra – si legge – in quell’anno il rettore dell’Università di Pavia Luigi De Caro e il presidente della Banca Popolare di Bergamo Lorenzo Suardi si sono trovati più volte a discutere della realizzazione di un polo universitario di medicina a Bergamo collegato con Pavia». Per la cronaca il tentativo naufragò - «per il veto dei medici primari dell’Ospedale Maggiore», riporta sempre il testo - e il progetto venne invece realizzato a Varese. «Il tram perso allora, è possibile riprenderlo oggi. Sono passati 55 anni, ma l’Università è pronta per mettersi in quella linea di continuità», è la sfida lanciata dal rettore.

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