Nelle Rsa via alle adesioni
Da febbraio le vaccinazioni

I tempi slittano perchè servirà oltre un mese per vaccinare il personale degli ospedali. Le dosi anche agli ospiti delle Rsa.

La campagna di vaccinazione anti Covid nelle Rsa non partirà prima di febbraio. Servirà almeno un mese per vaccinare il personale degli ospedali: è questa la stima di massima che l’Ats ha comunicato nella call di ieri ai direttori sanitari delle case di riposo. Un mese, forse un mese e mezzo, durante il quale i dovrà mettere a punto una macchina organizzativa complessa.

L’Ats ha già comunicato alla Regione il numero massimo di disponibilità per ogni struttura, ma ci sarà da fare i conti innanzitutto con il personale in servizio e con i posti letto occupati (circa 10.500 persone), poi – ed è qui il nodo vero – con il numero esatto di coloro che vorranno vaccinarsi. Qualche settimana in più rispetto alle previsioni potranno servire dunque per l’opera di convincimento che le Rsa hanno già iniziato a fare, soprattutto nei confronti dei loro dipendenti.

I tempi restano ballerini perché, come spiega Giuseppe Matozzo, direttore sociosanitario di Ats «dipendono da una serie di variabili. Bisognerà capire quanti vaccini arriveranno e quanto tempo impiegheranno gli ospedali – dice –. Se poi a gennaio sarà approvato anche il vaccino di Astra Zeneca, potremo ricevere dosi vaccinali già pronte in singole fiale e questo renderà l’organizzazione più semplice».

Intanto entro il 12 gennaio le 65 strutture della provincia dovranno comunicare all’Ats i numeri esatti di chi intende vaccinarsi, mentre si aspetta dalla Regione una circolare sulle modalità di compilazione del consenso informato, un passaggio delicato quando si parla di Rsa, i cui ospiti sono spesso persone la cui responsabilità è affidata a familiari o tutori. «Abbiamo iniziato a raccogliere adesioni e disponibilità – dice Cesare Maffeis, presidente dell’Associazione Case di riposo –. L’obiettivo è anche di ottimizzare le somministrazioni per non sprecare vaccini. Avere più tempo sarà utile per organizzarci e per dare informazioni più adeguate a chi è incerto». Un’opera di convincimento «culturale», specie nei confronti degli operatori sanitari, per provare a mantenere alta la percentuale di chi si sottoporrà al vaccino. «Noi siamo pronti, siamo a disposizione del sistema, come lo siamo sempre stati – dice Fabrizio Lazzarini, direttore generale della Fondazione Carisma –. Da noi ci sono circa mille persone, tra operatori e ospiti; sarà un lavoro imponente, ma siamo preparati».

«Confidiamo nella possibilità che arrivi prima possibile – dice Barbara Manzoni, presidente dell’Associazione di Rsa San Giuseppe della Diocesi – e che si sottoponga il numero maggiore di persone, perché è l’unico mezzo a disposizione per contrastare questo virus. Stiamo lavorando anche per fare in modo che il vaccino sia somministrato nelle modalità più corrette».

Il rinvio è invece una «brutta notizia» per Fabrizio Ondei, presidente di Uneba Bergamo: «Ci aspettavamo che partisse prima – dice –. Sulla quota degli operatori sanitari che faranno il vaccino, in Lombardia abbiamo stime tra il 60 e il 95%. Noi consigliamo a tutti di farlo, dopodiché un’opera di convincimento può avvenire solo nella coscienza di ognuno».

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