«Sicurezza sul lavoro, legge ignorata»
Ats: più controlli con i nuovi fondi

La ripresa economica, la vocazione manifatturiera della Bergamasca e la scarsa propensione delle società a dotarsi di modelli che prevedano anche la prevenzione in tema di infortuni. È in questo mix che, per il procuratore Walter Mapelli, si devono cercare le cause dell’escalation di morti sul lavoro nella nostra provincia, arrivate a 17 lunedì con la tragedia costata la vita a Gaetano Trezza, dipendente di un’officina meccanica di Costa di Mezzate.

Il procuratore lo aveva già abbozzato in un convegno in cui s’era parlato del Decreto legislativo 231 che disciplina la responsabilità amministrativa delle imprese. All’interno del decreto c’è un modello che, se adottato in maniera corretta, permette alla società di non essere imputata come persona giuridica in un eventuale processo e per alcune tipologie di reato, tra cui l’omicidio colposo dovuto alla violazione delle norme in materia di antinfortunistica.

«Il modello non è obbligatorio - osserva Mapelli - e solo una piccola parte delle 60 mila imprese della Bergamasca lo ha adottato. Noi crediamo che l’adozione di questo modello sia un passo ulteriore verso una maggiore attenzione per la sicurezza e la salute del lavoratore. All’Ats abbiamo chiesto, in caso di infortuni, di verificare l’esistenza del modello». E la conseguenza è abbastanza ovvia: in mancanza di tale modello, anche la società come persona giuridica, oltre al legale rappresentante, potrebbe finire imputata in un processo per lesioni od omicidio colposo da infortunio.

«La Regione ha stanziato finanziamenti importanti per potenziare l’organico del personale preposto ai controlli sui luoghi di lavoro - puntualizza Mara Azzi, direttore generale dell’Ats Bergamo -. Recentemente è stato fatto un concorso e noi andremo a pescare in quella graduatoria perché la persona è il soggetto più importante, è il valore aggiunto per una formazione del lavoratore adeguata».

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