Tumori ovarici, nuove speranze da uno studio del «Mario Negri»

I risultati di uno studio preclinico dell’Istituto Mario Negri, pubblicati sulla rivista «Cancer Research» hanno permesso di individuare un punto di debolezza di alcuni tumori ovarici e nuove terapie in grado di contrastarne la crescita.

I risultati di uno studio, condotto al l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS , sono stati pubblicati sull’autorevole rivista Cancer Research . I dati hanno evidenziato che alcuni tumori ovarici presentano alti livelli di due proteine che regolano l’attività dei mitocondri, la centrale energetica delle cellule . Questa peculiarità li rende sensibili a una nuova classe di farmaci, aprendo così nuovi scenari terapeutici .

Si tratta di un risultato importante per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per un tipo di tumore che è tra i più difficili da curare. Infatti il tasso di sopravvivenza per le donne con carcinoma ovarico è tuttora molto basso ed è aggravato da uno sviluppo silente che porta a una diagnosi spesso tardiva, quando la malattia è in stadio avanzato e ha già dato origine a metastasi .

«Negli ultimi anni – spiegano Carmen Ghilardi , prima autrice dell’articolo, e MariaRosa Bani , capo del laboratorio di Terapia delle Metastasi Tumorali – si è capito che i mitocondri possono essere un potenziale bersaglio terapeutico, tanto che numerosi inibitori sono in fase di sviluppo . I mitocondri sono gli organelli addetti alla respirazione cellulare e, in particolare al processo chiamato Oxphos, fondamentale per la produzione di energia. Lo studio, condotto in cellule in coltura e animali di laboratorio con tumore ovarico, ha messo in luce che l’inibizione di Oxphos non è egualmente efficace su tutti i tumori. Infatti i tumori la cui progressione è ritardata dal trattamento sono soprattutto quelli caratterizzati da alti livelli delle proteine PGC-1α e PGC-1β, che hanno proprio la funzione di regolare l’attività dei mitocondri.»

«Soffermandoci sui numeri – conclude Raffaella Giavazzi , coordinatrice dello studio – la ricerca ha evidenziato che nel campione analizzato, sono circa il 25% le pazienti affette da un carcinoma ovarico con alti livelli delle proteine PGC-1α e PGC-1β. Ora si tratta di confermare che i risultati ottenuti nei nostri modelli preclinici siano trasferibili alle pazienti, infatti per alcune di queste pazienti si aprirebbe la possibilità di beneficiare del trattamento con inibitori di OXPHOS e di poter contare su un’arma in più per contrastare la crescita tumorale ».

Lo studio è stato sostenuto principalmente dalla Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro

Per leggere l’articolo completo pubblicato su Cancer Research per leggerlo clicca qui

© RIPRODUZIONE RISERVATA