«Un aiuto per l’Ucraina», la raccolta fondi supera il milione di euro

Bergamo Un mese di donazioni e solidarietà, la sottoscrizione ha raggiunto l’importante traguardo. Don Trussardi: «Sostegno per l’accoglienza e progetti sul territorio». Ranica: «Dalle comunità una risposta coordinata».

Un mese di raccolta e un traguardo che era nell’aria da qualche giorno: la sottoscrizione «Un aiuto per l’Ucraina» ha raggiunto e superato il milione di euro. Venerdì 1 aprile il contatore si è fermato a 1.016.088 euro; ancora tante donazioni, nelle ultime ore, hanno dunque permesso alla sottoscrizione promossa dalla Caritas insieme a L’Eco di Bergamo e alla Fondazione della Comunità Bergamasca di raggiungere un obiettivo importante, per sostenere le comunità locali che da fine di febbraio sono mobilitate per organizzare e gestire l’accoglienza dei profughi, ma anche per finanziare progetti di integrazione.

Solidarietà ampia e continua

Una soglia non solo psicologica, quella del milione, che racconta di una solidarietà continua: in migliaia hanno risposto all’invito della raccolta: «Arrivare ad una cifra così alta in così poco tempo è un traguardo che nessuno si aspettava», dice don Roberto Trussardi, direttore della Caritas. «Ci ha colpito la prontezza della reazione dei bergamaschi – aggiunge Osvaldo Ranica, presidente della Fondazione –, che fin dalle prime ore del conflitto si sono mobilitati per sostenere i profughi in arrivo dall’Ucraina».

«Oggi capiamo quanto è stato importante attivarsi con tempestività e osserviamo con orgoglio la capacità che ha avuto il nostro territorio di costruire una risposta coordinata»

La raccolta ha avuto anche il merito di ricompattare il fronte della solidarietà che già in passato si era creato tra le istituzioni del territorio: ai tanti donatori, cui va il ringraziamento della Caritas, si sono aggiunti ai promotori dell’iniziativa anche Ascom, Bergamonews, Confindustria, Confcooperative, Università, Ance, il Consiglio notarile di Bergamo, il Consorzio dei pasticcieri artigiani e l’Ordine dei commercialisti, oltre a un importante contributo di Fondazione Cariplo.

«Oggi capiamo quanto è stato importante attivarsi con tempestività – dice ancora Ranica – e osserviamo con orgoglio la capacità che ha avuto il nostro territorio di costruire una risposta coordinata. È l’intera comunità bergamasca, infatti, ad essere scesa in campo, a partire dai singoli cittadini fino a una vera e propria cordata di partner formata da istituzioni, enti, ordini professionali ed associazioni dal diverso profilo, il cui elenco è in continuo aggiornamento».

«Oltre ai fondi già messi a disposizione per la prima accoglienza, cercheremo di capire quali progetti potremo finanziare sia sul territorio della provincia di Bergamo, che a sostegno delle Caritas che operano vicino ai confini con l’Ucraina»

I primi soldi sono già stati girati alle strutture che hanno aperto le loro porte ai profughi arrivati in città a fine febbraio: «La settimana prossima inizieremo a rendere conto di come si stanno utilizzano i soldi con la sottoscrizione – prosegue don Trussardi –. Oltre ai fondi già messi a disposizione per la prima accoglienza, cercheremo di capire quali progetti potremo finanziare sia sul territorio della provincia di Bergamo, che a sostegno del grande lavoro di accoglienza delle Caritas che operano vicino ai confini con l’Ucraina, in Polonia, Slovacchia, Romania, Ungheria, Moldavia e Lituania».

Gli appartamenti sono 185

La Caritas di Bergamo ha accolto direttamente circa 200 persone, ospitandole al monastero Matris Domini delle suore domenicane di clausura, e nei locali del refettorio dell’ex liceo del Seminario, in Città Alta, prima di indirizzarle nelle strutture messe a disposizione da parrocchie e privati in tutta la provincia.

Ad oggi sono 185 gli appartamenti che si sono resi disponibili attraverso la rete delle comunità religiose: «Negli ultimi 10 giorni le richieste sono un po’ calate – spiega il direttore della Caritas –. Arrivano meno persone, forse perché nel frattempo in tanti si sono organizzati per l’accoglienza, o forse perché, sperando in una fine imminente della guerra, i profughi preferiscono non allontanarsi troppo dall’Ucraina. Purtroppo, però, se il conflitto dovesse continuare ancora a lungo, il flusso di gente che arriverà in Italia, tornerà senz’altro a crescere».

«Encomiabile il lavoro delle comunità religiose e dei volontari che si stanno facendo carico anche della cura e dei servizi di queste persone, per integrarle al meglio: l’incontro con loro diventa così relazione»

E a quel punto si dovrà essere pronti anche con progetti d’inserimento a medio-lungo termine; un’attività che è già iniziata nelle parrocchie e nelle scuole: «Offrire un tetto non basta – dice don Trussardi –, per questo è encomiabile il lavoro delle comunità religiose e dei volontari che si stanno facendo carico anche della cura e dei servizi di queste persone, per integrarle al meglio: l’incontro con loro diventa così relazione e questo rappresenta il senso vero della carità e dell’accoglienza». E proprio all’integrazione sarà rivolta l’attenzione dei progetti che la Fondazione della Comunità Bergamasca, promotrice della raccolta insieme a Caritas, intende sostenere soprattutto per i più piccoli.

Accoglienza diffusa

«Quanto sta avvenendo dalla fine di febbraio ci ha lasciati sgomenti, increduli, ma non immobili – dice ancora il presidente Osvaldo Ranica –. Dopo la prima fase di emergenza, ora è necessario guardare avanti. Innanzitutto, riflettendo con attenzione sul modo in cui le risorse che si stanno raccogliendo verranno spese. L’attenzione è puntata sui profughi in fuga, ma anche, e forse soprattutto, sulle comunità di città e provincia che si sono messe a disposizione dell’accoglienza, che non devono essere lasciate sole nel difficile percorso di integrazione. Con il coordinamento della Caritas, infatti, i profughi si stanno spostando in decine di case della Bergamasca secondo il modello dell’accoglienza diffusa, capillare e lungimirante. È l’approccio che vogliamo fare nostro, per affrontare questo fenomeno nel suo complesso e adottare uno sguardo di lungo periodo. L’impegno di risorse sarà elevato: innanzitutto le case che privati, famiglie e parrocchie hanno messo a disposizione sono legate a spese per le utenze che vanno sostenute affinché non ricadano solo sui proprietari».

«Trasformeremo queste risorse non in sussidi, ma in progetti e iniziative in grado di coinvolgere profughi e comunità bergamasca e raccogliere frutti comuni da uno sforzo collettivo»

Tante sfide da affrontare

Lo sforzo però è soprattutto umano e le sfide sono molteplici, considerato che nella maggior parte dei casi i profughi sono proprio donne con bambini: «Nei prossimi giorni presenteremo le prime attività che andremo a sostenere in tal senso – aggiunge Ranica –. La Fondazione della Comunità Bergamasca si trova nella posizione di garante da diversi punti di vista: la nostra è una realtà che, per l’attività che svolge e le professionalità che mette in campo, conosce bene il territorio, le sue istituzioni, le attività economiche, il terzo settore e il mondo del non profit, per cui siamo il punto di riferimento ideale per chi crede nell’importanza di unire gli sforzi e fare rete per moltiplicare risorse e opportunità. Vigileremo sulla trasparenza delle spese nel rispetto di chi ha donato, perché raccogliere e spendere i soldi bene è giusto, ma anche utile a tutti. Infine, trasformeremo queste risorse non in sussidi ma in progetti e iniziative in grado di coinvolgere profughi e comunità bergamasca e raccogliere frutti comuni da uno sforzo collettivo».

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