L'intervista al ministro Ornaghi
«Il museo, esempio di vitalità»

Il ministro per i Beni e le attività culturali Lorenzo Ornaghi sarà a Bergamo domani per l'inaugurazione del museo e tesoro della Cattedrale, realizzato dalla diocesi con il contributo della Fondazione Credito bergamasco. L'Eco di Bergamo lo ha intervistato.

Il ministro per i Beni e le attività culturali Lorenzo Ornaghi sarà a Bergamo domani per l'inaugurazione del museo e tesoro della Cattedrale, realizzato dalla diocesi con il contributo della Fondazione Credito bergamasco.

Ministro, nasce un nuovo museo in tempi magri per la cultura. «Un'inaugurazione importante per Bergamo e per la Lombardia, di grande valore storico e artistico. Quanto è emerso dagli scavi mostra un percorso della comunità ecclesiale e civile antico e ininterrotto. E la diocesi di Bergamo è stata molto coraggiosa a decidere un salto di qualità che ha trasformato l'iniziale intervento di restauro in un'opera di cultura vitale, che sarà capita soprattutto dai giovani. In un momento oggettivamente difficile per tutti, ricollegare il passato al presente è un segno di fiducia. Non solo perché nella storia la comunità ritrova il senso della durata, dell'avercela fatta più volte e in tante situazioni, o perché la cultura è una forza in se stessa. Ma anche perché arte e storia, trasformate in lavoro e turismo, sono una molla potente per la ripresa del nostro Paese».

Sono di questi giorni le polemiche sui meccanismi di privatizzazione dei beni culturali contenuti nel Decreto Sviluppo, che riguardano in particolare la creazione di una Fondazione Grande Brera per la gestione della pinacoteca e del suo patrimonio. Alcuni addetti ai lavori ne parlano come di un'apripista alla svendita del patrimonio nazionale.
«Svolta, non svendita. Sicuramente un cambiamento di rotta, per rendere fruibile il nostro immenso patrimonio artistico. Chiedere la collaborazione del privato non significa che le istituzioni rinuncino al controllo, all'indirizzo, alla "golden share" di un bene che deve restare di tutti. Ma occorre superare una concezione del bene pubblico che poteva funzionare solo nel tardo '800. L'ingresso dei privati è un processo che riguarda tutti gli aspetti della vita comune, non solo la cultura, pensiamo alla sanità...».

Spesso la sanità privata ha preso i comparti redditizi lasciando allo Stato i settori pesantemente sociali e non remunerativi.
«Naturalmente occorre condividere le responsabilità, non solo le opportunità. Dipende dalla qualità di chi si sceglie, ma anche da una visione culturale nuova. Che può funzionare molto bene: penso al restauro del Colosseo e del sito di Ercolano; o al successo del consorzio di Venaria e della fondazione per il museo Egizio di Torino. Anche a molte esperienze positive all'estero».

All'estero donazioni e interventi privati godono di incentivi fiscali. Succederà anche in Italia? Il governo ci sta pensando?
«Sta pensando in questa linea, anche se per ora non ci sono provvedimenti concreti. Ma per il futuro speriamo di mettere dei semi».


E per il presente, fra crolli e chiusure, dove interviene lo Stato?
«Lo stanziamento di 70 milioni di euro per i beni culturali approvato dal Cipe è un segno importante che disegna un percorso che riguarda beni noti come Brera, il museo di Reggio Calabria per i bronzi di Riace, quello di Capodimonte, ma non solo. Ci sono i 105 milioni per Pompei. Ma anche la Legge sullo spettacolo – manca solo la copertura finanziaria –, le fondazioni liriche, i piani paesaggistici che mettono in gioco Stato e Regioni. Bisogna capire che ciascun tema non va considerato in sé, ma come parte di un nuovo modello di sviluppo che usa la cultura per fare economia».

Un ministro che è anche rettore di un'università a tradizione umanistica, pensa alle competenze dei giovani?
«I giovani nella gestione della Cultura sono indispensabili per liberare energie e creare iniziative adatte ai tempi. Bisogna creare lavoro in modi anche diversi dal solito concorso».

Lavoro autonomo? Terzo settore? Cooperative?
«Tutte vie da percorrere e innovare, liberandole da qualche opacità».

Nella cultura che crea ricchezza attirando visitatori entra anche il tema controverso del prestito di opere d'arte all'estero. Bergamo ha avuto la sue polemiche per i quadri dell'Accademia Carrara inviati non a Pechino ma negli Stati Uniti e in Australia. L'«effetto esca» ha rischi troppo alti per i nostri capolavori?
«Credo occorra equilibrio. Da un lato i risultati positivi ci sono, sia sul piano economico, sia politico. L'arte apre molte porte. Ma bisogna valutare a chi si presta. E osservare rigidamente tutte le procedure amministrative, tecniche e assicurative previste dalla legge e indicate dalle Sovrintendenze per capire quali opere possono sopportare un trasferimento e a quali condizioni. Abbiamo tutte le competenze necessarie per valorizzare senza rovinare».

Susanna Pesenti

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