«Rocco mi disse: vada a lavorare!»
Intervista a Teocoli, al Creberg il 31

Teocoli Teo, nato Caracciolo Antonio. Per gli amici solo Teo. E anche per spettatori ed estimatori, che è quasi lo stesso. È l'ultimo dei signori del cabaret milanese, quella scuola irripetibile che cambiò la comicità italiana.

Teocoli Teo, nato Caracciolo Antonio. Per gli amici solo Teo. E anche per spettatori ed estimatori, che è quasi lo stesso. È l'ultimo dei signori del cabaret milanese, quella scuola irripetibile che cambiò la comicità italiana. È la memoria di una Milano esplosiva, nevroticamente geniale. Ed è il mattatore che unisce le due cose, nel suo «Teo Teocoli Show». Che dopo cinque anni torna al Creberg Teatro Bergamo per San Silvestro, per battere il record d'incassi (di presenze no, più di 1500 non ci stanno) di allora.

Ha battuto primati in tutti i teatri in cui fa Capodanno. Riesce ancora ad emozionarsi?
«Sono stato nei teatri, nelle discoteche, nei teatri-tenda, nelle città e nella provincia. C'è tanta gente che ha voglia di uscire di casa, e passare con me qualche ora. La chiami emozione, se vuole. Io so che è una grande spinta».

Quanti giri del mondo ha messo insieme, su e giù per l'Italia?
«Credo 4-5, non so. È lei, con il mestiere che fa, che tiene ai dati e ai primati, io non scrivo neanche le mie storie e battute, e in scena improvviso. Do gli attacchi alla band e in mezzo faccio come sento che funziona, con il pubblico».

Lei è stato cantante e musicista, tra l'altro con la Pfm, e poi attore, imitatore. Non è che era come quei tennisti che, avendo più colpi degli altri, impiegano più tempo a maturare?
«Calma: ho fatto tante cose, ma non tutte insieme! Le imitazioni ho scoperto di saperle fare che avevo quasi 50 anni, a "Mai dire gol". Ho accumulato esperienza e ancora ne accumulerò: è questo il gioco, il senso del teatro. Da due anni e mezzo sono a Radio Montecarlo, la mattina alle 8: l'avrebbe detto? Gli amici non ci credevano. Invece eccomi lì. Anche se la sera sono in scena a centinaia di chilometri».

Una bella resistenza.
«Vado in palestra, mi tengo in forma. Al Derby era peggio: fino ai quarant'anni non tornavo mai tornato a casa prima delle 5. Si faceva l'ultimo numero, si chiudeva il locale, si stava un po' in giro a fare i pirla».

Come quando inseguiva il pullman del Milan per farsi dare i biglietti.
«Beh, quello non certo all'alba. Era la domenica della partita, casomai avevo fatto una tirata unica dalla sera prima. Ne ho fatte di mattane per il Milan. Rivera si spanciava dal ridere. Rocco no, il paròn era una persona seria. Una volta mi beccò sul pullman con Pierino Prati: mi intimò di scendere, tagliarmi i capelli e trovarmi un lavoro! Se lo immagina adesso, con la pressione che c'è?»

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