La scomparsa di Enzo Jannacci
Ardenghi: Mi ha cambiato la vita

«Quando mi chiamarono al telefono, dicendomi che Jannacci aveva intenzione di farmi lavorare subito, il cuore andò sino alle stelle». Comincia così il ricordo di Osvaldo Ardenghi, cantautore bergamasco con vocazione attorale adulta.

«Quando mi chiamarono al telefono, dicendomi che Jannacci aveva intenzione di farmi lavorare subito, il cuore andò sino alle stelle. Fino a febbraio del 1994 ho lavorato in officina. La mattina le facce erano lunghe. Poi lo scenario è cambiato e quando mi presentavo la sera nel locale di Enzo (ndr. Jannacci) si respirava una gran voglia di fare. Quando mi chiedono com'è esibirsi tutte le sere, magari con doppio turno il sabato, dico sempre: prova ad andare la mattina in fabbrica. Certo il passaggio è stato secco, ma fortunatamente sono finito in un circuito particolare, frequentato da gente come Jannacci, Dario Fo, Paolo Rossi, Albanese, la parte sana di un certo ambiente; lontana dalla mondanità. Questo mi ha aiutato a rimanere con i piedi piantati per terra».


Comincia così il ricordo di Osvaldo Ardenghi, cantautore bergamasco con vocazione attorale adulta. La sua vita è cambiata il giorno che ha incontrato Jannacci: grazie a lui ha avuto la fortuna di riannodare le grandi passioni della sua vita, ha inciso dischi, scritto spettacoli, fatto cabaret.

“Tutto quando ho fatto a livello comico è merito suo. Non sapevo nemmeno di essere un comico. Per quasi un anno ho aperto i suoi spettacoli e lì ho capito qual è il livello dei veri musicisti. Venivo dalla provincia, dall'esperienza dei gruppetti. Non ho mai più incontrato uno che avesse tanta facilità di scrittura. Mi ha sempre lasciato di stucco la rapidità di battuta. Era un uomo sottile. Il più grande dal punto di vista della visione surreale della vita. Molti conoscono gli aspetti artistici di Enzo legati alla canzone, i più lo conoscono per la musica, ma oltre quello c'è il pensiero, la poesia, la capacità di evocare sentimenti e comicità attraverso le parole. L'ho frequentato per vent'anni e insieme abbiamo fatto tante cose. Mi ha insegnato tutto. Grazie a lui il mio povero papà ha vissuto dignitosamente gli ultimi anni della sua vita. Al primo incontro ho avuto la sensazione di averlo conosciuto da sempre. Forse ci siamo semplicemente riconosciuti”. Osvaldo Ardenghi ha lavorato per quattro, anni dal 1994 al 1998, tutte le sere, da martedì alla domenica, nel locale milanese di Jannacci, “Il Bolgia umana”.

Era in buona compagnia con Andrea Bove, Enzo Limardi, Chiara Maio. “Ognuno faceva il suo numero. Proprio Enzo mi ha aiutato a costruire il mio primo repertorio. Il “Bolgia” era quasi una scuola di teatro”. Quando il locale chiude, Ardenghi rimane nel giro. “Chiuso il locale, apro i concerti di Enzo per un anno intero. Una straordinaria avventura umana e artistica”. Poi arriva la televisione. Gabriele La Porta prevede una decina di puntate di “Milano bolgia umana”, con tanto cabaret e qualche canzone. Un bel programma mandato in video a tarda ora. L'addio di Ardenghi a Jannacci qualche mese fa. “L'ultima volta l'ho visto prima di Natale. Stava già male, ma quel giorno si sentiva meglio. Gli avevo fatto avere una canzone e gli era piaciuto: “Ol me Ceser”.

Si era voluto vestire per accompagnarmi alla macchina. Mi ha salutato agitando il bastone ed io l'ho visto per l'ultima volta nello specchietto, mentre andavo. E' stato un momento strano, doloroso. Mi son detto: vuoi vedere che questa è l'ultima volta”.

Ugo Bacci

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