Ecco la Bergamo romana
Da Bariano un volto nuovo

Quei volti dagli occhi profondi, i capelli corti, la barba, colpiscono l’immaginario di oggi. Figure di quelli che probabilmente sono bergamaschi di Roma antica, scoperti durante i lavori nella cascina di Bariano, ex convento dei Neveri, una miniera archeologica.

Quei volti dagli occhi profondi, i capelli corti, la barba, colpiscono l’immaginario di oggi. Figure di quelli che probabilmente sono bergamaschi di Roma antica, scoperti durante i lavori nella cascina di Bariano, ex convento dei Neveri, una miniera archeologica.

Quei volti pongono domande, invitano a riflettere. Che cosa erano davvero Bergamo e la Bergamasca in età Romana? Quale era la fisionomia, quale l’assetto del nostro territorio?

E altre due questioni. Quale relazione esiste fra quei volti di millenovecento anni orsono e quello che siamo noi oggi? Le scoperte archeologiche diventano parte di noi, del nostro sapere, della nostra cultura? Oppure rimangono a sé stanti, magari dimenticate oppure «musealizzate», chiuse in una sorta di tempio del passato?

La scoperta dei resti romani nell’ex convento dei Neveri a Bariano è il più importante ritrovamento dell’ultimo mezzo secolo nella nostra provincia, e uno dei più eclatanti in assoluto. Il lavoro degli archeologi della Sovrintenza, guidata da Maria Fortunati, ha riportato alla luce quella che era una villa romana con il suo tempio.

Non si tratta di scavi, di fondamenta, di mozziconi di edifici. Si tratta di ciclopici muri romani, alti otto metri, che erano stati inglobati in un monastero e in una chiesa fino alla fine del Settecento. Poi il monastero dei Carmelitani era stato soppresso, la chiesa abbattuta dai contadini che organizzarono una cascina con casa, fienile, stalle... Ma il tempo è inesorabile, la vecchia cascina fu abbandonata una ventina di anni fa. Poi venne acquistata da un imprenditore edile, Giancarlo Suardi, che ne voleva fare la propria abitazione. Suardi di edifici se ne intende. Quando andò a toccare muri e pavimenti si imbatté nei resti antichi. Ne rimase affascinato.

Anziché fare finta di nulla, avvisò la Sovrintendenza, si mise a disposizione per recuperare ogni oggetto, ogni pietra. Vennero trovate tombe romane e tombe longobarde. Oggi si possono vedere sotto il pavimento di cristallo. Vennero trovati corredi funerari, tra l’altro una croce in oro di nove centimetri, longobarda. Abbattendo i tamponamenti si riscoprirono chiostro, archi, portici. Emerse un affresco del X secolo che raffigura un paesaggio e una città, forse la Bergamo del tempo.

Leggi di più su L’Eco di Bergamo di giovedì 27 febbraio

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