Fazio non «rischia tutto»
E’ più un talk che quiz

Il remake del famoso quiz della rai giunto alla seconda stagione non convince e non sfonda nemmeno negli ascolti.

Chi lo sa. C’è un che d’ironico, nel fatto che il risultato, dopo la prima puntata dell’edizione vintage del «Rischiatutto» di Fabio Fazio, giovedì sera su Rai Tre, sia un bel punto interrogativo. Com’è andata, davvero? L’auditel dice che il quiz che fu di Mike Bongiorno ha raccolto 3,5 milioni di spettatori, pari al 13,8% di share: è il secondo programma di prima serata, dopo «Un medico in famiglia» su Rai Uno (3,9 milioni, 16,3%) e un soffio prima de «Il segreto» su Canale 5 (3,3, 13,8%). Tutto bene, allora? Boh.

L’esperimento su Rai Uno della scorsa primavera aveva riunito un pubblico più che doppio, con 7,5 milioni (30,79%!) alla prima puntata e 7,2 (28,82%) nella seconda. Ma era Rai Uno, appunto: la rete ammiraglia, con un bacino d’utenza più che doppio rispetto a Rai Tre. E poi era primavera. Ed erano solo due puntate: un impegno contenuto, rispetto alle nove previste ora. Insomma: il debutto è andato bene, per il pubblico e dal punto di vista di share e ascolti. Il problema è che gli ascolti non sono tutto. E Antonio Campo Dall’Orto aveva ben detto, nell’assumere la direzione generale della Rai, che intendeva superare la logica degli ascolti, a favore della sperimentazione di nuovi linguaggi e di una nuova cultura televisiva.

Ecco, questo è il punto. «Rischiatutto» edizione 2016 non è (non doveva essere) un remake, ma l’edizione aggiornata di un vecchio e glorioso programma: un po’ come la nuova 500 per la Fiat. Sotto questo profilo, la regia «filologica» di Duccio Forzano, nelle anteprime sul primo canale lo scorso aprile, era perfetta. Così come andava benissimo la conduzione di Fazio, che omaggiava Mike defilandosi un poco, reinterpretando la storia della tv italiana. Ma in Rai non sembrano più credere fino in fondo a quell’approccio.

Il «Rischiatutto» visto l’altra sera infarcisce il programma di ospiti, da Carlo Verdone al suo feticcio Massimo Gramellini, da Caterina Caselli a Raphael Gualazzi e Malika Ayane. E pare rivolgersi a loro, più che agli spettatori a casa. La regia di Stefano Vicario punta su una mobilità e angolazioni di telecamera decisamente più contemporanee. E Fazio sembra più esitante, persino carico di apprensione, tentato a più riprese di rifugiarsi nella dimensione del «talk» che padroneggia tanto bene a «Che tempo che fa». Va tutto bene (è anche presto per giudicare), se non fosse che promesse e premesse erano ben diverse. Che i concorrenti - che erano i veri protagonisti dell’edizione originale - a momenti finiscono ai margini, quasi come se fossero dei pretesti. Che il ritmo scende. E che il parterre degli ospiti pare più una stampella che un trampolino di lancio. Vedremo le prossime puntate. Ma il rischio è di dilapidare l’attesa e il buon esordio della scorsa stagione. 

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