I diari inediti di Locatelli:
sul Mar Rosso e verso l’India

Diari interessanti, passaggi illuminanti per comprendere la mentalità di un uomo e di un’epoca. E’ quanto emerge negli scritti di Antonio Locatelli che saranno presentati lunedì nello sala Viterbi dal discendente Stefano Mazza.

Diari interessanti, passaggi illuminanti per comprendere la mentalità di un uomo e di un’epoca. E’ quanto emerge negli scritti e nelle foto di Antonio Locatelli che saranno presentati lunedì nello sala Viterbi dal discendente Stefano Mazza.

Ecco qualche esempio

Locatelli sul piroscafo verso l’India: «Sono su ponte di terza classe, tra gente indiana, tra le gabbie delle galline leggo la vita di Buddha e osservo i miei semi-selvaggi compagni. È penoso viaggiare così in coperta, non per lo stare, che qui sul mio lettuccio da campo sto meglio che nelle calde cabine, ma per la pena di essere solo europeo tra gente india. Nessun europeo per quanto povero si abbasserebbe a tanto. Per me invece è gioia perché ho saputo vincermi, e son sicuro di passare tre giorni deliziosi nello studio e nella meditazione».

Il senso di un’epoca, la «gente india» semi selvaggia, però la volontà di stare lì, in mezzo, senza puzza sotto il naso. La nostalgia degli europei, della propria cultura.

Ed ecco che cosa scrisse sul Mar Rosso: «Il tempo migliora, l’aria è fresca. Ho davanti a me nove giorni di piena navigazione e affronto con più calma i miei studi. I gabbiani per poco ancora ci seguono senza che alcuna terra sia in vista. Nella notte passiamo vicini alla Somalia. Incontriamo piroscafi. Il veloce inglese diretto all’Australia ci supera alle tre di notte. Il mare si agita sotto la sferza del vento e agita il sonno di parecchi passeggeri».

Locatelli va in India, ne resta affascinato, vuole addentrarsi nella giungla con delle guide locali, commenta la fascinazione dell’esplosione di vita di questi luoghi. Raggiunge la Cina, tocca Hong Kong, si dirige verso la Birmania. Scrive: «Arrivo alle 8.30 a Rangoon. Alla sera vado ad assistere a un teatrino all’aperto e vedo ancora la caratteristica danza di un’attrice birmana con ventaglio e costume strettissimo. È scoppiata la peste a Rangoon per la stagione caldissima e secca».

Locatelli in Mar Rosso : «Siamo in pieno Mar Rosso. Onde larghe ci sospingono così pure il vento lieve di nord. Al tramonto si profila nera un’alta montagna dal profilo di aquila adagiata pronta a spiegare le ali».

«Alla notte ascolto delle canzoni che cantano due asseri e una danzatrice rumena, bellissima nel suo colore bruno pallido, con gli occhi neri dalle ciglia pesanti vellutate. Cantano tutti e tre piano piano in coro e la voce femminile ha delle inflessioni languide e malefiche come malefico è il fascino degli occhi profondi».

«Penso alla tristezza di quel popolo perseguitato ed errante che sa trovare al suo dolore accenti così belli. Ho finito di leggere la filosofia religiosa di R. Tagore. Imparo che abbiamo estasi sconosciute da gustare e molto dobbiamo imparare ancora sull’India bramana».

Locatelli nel suo viaggio continua a coniugare paesaggio e studio, impressioni e riflessioni, umanità e situazioni. Legge Tagore, legge di Buddha, osserva attentamente tutto quello che lo circonda, «come se fossi in volo di ricognizione di guerra».

Di notte, nella giungla, ricordava i racconti di sua nonna - Locatelli volle addentrarsi nella parte più misteriosa dell’India, nella giungla, certamente memore delle pagine di Salgari che, come quelle di Verne, doveva avere letto. Si addentra con delle guide, non va a caccia di animali, ma di sensazioni, lo scrive chiaramente. E aggiunge: «Nelle ore in cui l’uomo solitamente prega, al calare e al levare del sole, pare che anche gli animali facciano udire il loro canto... su un giaciglio di erbe a poco a poco mi addormento, lieto e fidente, come avrei fatto la sera di Natale accanto al fuoco coi racconti della nonna

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