Il mito di Maria Callas in mostra a Verona
Lo racconta un professore di Bergamo

Dopo oltre 30 anni di silenzio, Maria Callas torna a cantare in un’articolata mostra che la racconta a 360 gradi: non solo come mito sul palcoscenico, ma come donna nelle sue infinite trasformazioni e nei suoi tanti successi e dolori.

A Verona c’è «Maria Callas. The Exhibition», in programma al Museo Amo di Palazzo Forti fino al 18 settembre. Si tratta delle prima mostra dedicata al genio artistico della cantante, la prima così ricca di oggetti, costumi di scena, gioielli, abiti, scatti, video e ovviamente audio, considerando che l’esposizione sarà «da vedere ma anche da ascoltare lungo tutto il percorso» spiega Massimiliano Capella. Studioso della moda, oltre che docente all’Università di Bergamo, è lui il curatore della mostra: «Un lavoro incredibile: ad aiutarmi la fedele cuoca e guardarobiera milanese di Maria Callas, Elena Pozzan: nei suoi 90 anni è la memoria storica della Divina, nelle sue moltitudini sfaccettature».

Il percorso espositivo racconta così la storia, la vita e l’arte di Maria Callas in una sequenza sia cronologica sia tematica, tra trionfi, scandali, passioni e dolori. «Non è una mostra per musicisti o musicologi, ma c’è il desiderio di raccontare un’icona con uno stile pop» spiega Capella, reduce dal successo della mostra su Barbie al Mudec di Milano.

Quattordici le sezioni, attenzione è dedicata al ruolo della Callas sui palcoscenici del mondo, dal debutto all’Arena di Verona nel ruolo di Gioconda nel 1947 alle tante Turandot, Aida, Lucia di Lammermoor in giro per l’Italia, fino al suo ruolo d’icona di stile. Perché, si sa: se le critiche alle performance vocali sono state tra il 1947 e il 1953 quasi sempre entusiastiche, i commenti sul suo aspetto estetico furono spesso sgradevoli. La cantante, nei suoi quasi 100 chili per un metro e 73 di altezza, era bersaglio di critiche come quella dell’estate del 1952 quando c’è chi scrisse di lei dicendo che all’Arena di Verona era «impossibile notare la differenza tra le zampe degli elefanti e quelle di Aida».

«Gli anni della trasformazione arrivano subito dopo, quando Maria Callas decise di perdere 35 chili – commenta Capella -. Una trasformazione estetica che va a supportare l’incredibile voce, con la meraviglia interpretativa che si veicola attraverso il suo corpo e il suo stile». Sono gli anni in cui Maria Callas si lega anche a una sarta milanese, Biki: sarà lei a consacrarla regina di eleganza, tanto che nel 1957 fu riconosciuta come la donna più elegante del mondo. Biki e il suo genero Alain Reynaud, direttore creativo dell’etichetta che la Divina indossò fino all’ultimo: «Sia in scena che nella vita privata e, anche quando si trasferì a Parigi e scoprì l’alta moda di Lanvin, Dior e Balenciaga, continuò il suo percorso stilistico con Biki. Suo per esempio l’abito che la Callas indossò per il compleanno del presidente Kennedy al Madison Square Garden». Fu Biki a togliere dall’armadio della cantante quei tradizionali tailleur del tempo e a renderla diva: «Si racconta che la sarta le annotava come abbinare ogni capo e accessorio» sorride Capella.

In mostra numerosi abiti, tra cui il frammento del celebre vestito con i papaveri rossi che indossò nel 1957 per il suo ritorno in Grecia, oltre ai capi salvati dal rogo che durò due giorni e che la Callas fece nel suo giardino di casa, a Milano: «Era in procinto di trasferirsi a Parigi e voleva donare costumi di scena e abiti ai musei. Dal rifiuto lei, eroina del melodramma qual’era, non fece altro che bruciarli».

A Verona anche le foto, i gioielli e addirittura le sue parrucche. La musica, ovviamente, e i successi a teatro in giro per il mondo, ma soprattutto un percorso «nella vita e nell’intimità di una donna incredibile», raccontata anche nella solitudine che la avvolse negli ultimi anni della sua vita, fino alla morte a soli 53 anni a Parigi, nel 1977. Il ricordo va allora a quella serata trionfale del 5 marzo 1974 quando nella sala della Carnegie Hall di New York la divina fu acclamata. Una voce dal pubblico gridò: «You are Opera!» (Tu sei l’Opera, ndr). Così è stato.

Per info www.mariacallas.it

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