Una Cantata profana per vite messe alle strette

Teatro Nella settimana di deSidera, mercoledì 27 in via Tasso a Bergamo il
dramma di tre personaggi che, a un certo punto della loro storia, si trovano a fare i conti con un destino di cui non conoscono il profilo. Una presenza che li interroga, li disturba, li incalza. Tre persone che gridano una domanda che non ammette soluzioni provvisorie: come si fa a vivere?

Un vecchio padre aveva nove figli ai quali aveva insegnato l’arte della caccia. Un giorno i ragazzi, inseguendo un grande cervo, si perdono nella foresta. A un certo punto essi stessi si trasformano magicamente in cervi. Non vedendoli tornare il vecchio padre li va a cercare ed è così che scopre l’incantesimo che ha colpito i suoi figli. Li esorta a tornare a casa dalla mamma che li sta aspettando ma essi, ormai consapevoli che il loro destino sia segnato, si rifiutano.

Dall’antico folklore romeno

Su questo testo, ovviamente qui sintetizzato, tratto da una antica fiaba del folklore romeno, il compositore ungherese Béla Bartók aveva scritto la «Cantata profana», una composizione per tenore, baritono, coro e orchestra, che è a sua volta alla base di uno spettacolo che porta lo stesso titolo, nato da un’idea di Luca Doninelli e Gabriele Allevi che va in scena mercoledì 27 luglio (ore 21.15, ingresso 5 euro) nel cortile del Palazzo della Provincia, via Tasso, 8 a Bergamo (in caso di maltempo rinviato a giovedì 15 settembre, ore 21), nell’ambito di deSidera Bergamo Festival e inserito nel cartellone di «La poesia della città» sostenuto dal Comune di Bergamo e patrocinato dalla Provincia.

Scritto da Gianmarco Bizzarri, Matteo Bonfiglioli e Bianca Montanaro; direzione drammaturgica e cornice Luca Doninelli, regia di Gianmarco Bizzarri, con Matteo Bonanni, Lorenzo Casati, Maria Laura Palmeri e Andrea Soffiantini; scenografia Michela Invernizzi; produzione Teatro de Gli Incamminati – deSidera; lo spettacolo racconta tre storie incorniciate, come dicevamo, dalla fiaba dei «Nove cervi incantati»: «Deluso da una quotidianità sbiadita, un ragazzo abdica alla realtà per vivere tra avventure online e tramonti in hd; una giovane donna, alle prese con una gravidanza imprevista, è incalzata da un dialogo immaginario con il suo futuro figlio; un professore di liceo, incapace di farsi ascoltare dagli studenti, è schiacciato dai propri limiti, fino a mettere in discussione la sua intera esistenza. Tre vite messe alle strette, che in ogni azione, gesto o parola, gridano una domanda che non ammette soluzioni provvisorie: come si fa a vivere?».

Appuntamento nelle Miniere di Dossena

Poi ci sono altri tre appuntamenti con deSidera Bergamo Festival, che questa settimana incrociano la programmazione di “Una miniera di teatro” nella suggestiva location delle Miniere di Dossena. Venerdì 29 luglio, infatti, è previsto l’ultimo appuntamento della rassegna, ultima occasione per il pubblico per provare questa esperienza. Giovedì 28 luglio, ore 21.15 Bonate Sotto, nella Basilica di Santa Giulia è in programma «Fontamara». Venerdì 29 luglio, ore 20, alle Miniere di Dossena, «Fontamara»; stesso giorno, ore 21.15, a Cologno al Serio, al Parco della Rocca, «Lo spirito di Stella».

«Fontamara» da Ignazio Silone

«Fontamara», dall’opera di Ignazio Silone, per la regia di Antonio Silvagni, adattamento e drammaturgia Francesco Niccolini, con Angie Cabrera, Stefania Evandro, Alberto Santucci, Rita Scognamiglio, Giacomo Vallozza, è una produzione Teatro Stabile D’abruzzo – Teatro Lanciavicchio, con la collaborazione del Centro Studi Ignazio Silone. Cinque attori danno voce a un mondo, a un paese, ai suoi abitanti e pure ai loro carnefici. Raccontano, quasi fosse un’opera sinfonica a più voci, la storia di Fontamara, i Fontamaresi, Berardo Viola e Elvira. Le voci dei protagonisti si accavallano con quelle dei personaggi minori: ogni attore deve acrobaticamente passare da un’identità all’altra. Giuvà, Matalè, il loro figlio, Marietta, Scarpone, e poi il generale Baldissera, Papasisto, Venerdì Santo, Ponzio Pilato, Betta Limona, l’impresario, il cavalier Pelino, don Circostanza, le mogli, i carabinieri, un prete venduto, un sacrestano disperato... Di testimoni si sta parlando: quasi fossimo di fronte a un giudice, o forse al Giudizio Universale, sono tutti chiamati a ricostruire quei giorni pieni di vergogna e violenza e disumano accanimento sui più indifesi. Mano a mano che l’intreccio di sviluppa, prendono corpo le storie degli abusi dei poteri forti. Più l’ombra incombente del fascismo che si sposa con gli interessi dei latifondisti. E insieme, la storia dei due protagonisti assenti, Berardo ed Elvira: in mezzo a questo concertato di voci, solo le loro mancano. Berardo ed Elvira esistono solo nel ricordo degli altri. Eppure, qui, sono tutti fantasmi. A parte un unico sopravvissuto: il figlio di Giuvà e Matalè. Solo lui si è salvato. Da lui parte il racconto: lui evoca tutti i fantasmi, e i fantasmi si presentano e a loro volta ne generano altri e altri e altri ancora. Fino alla fine. Fino alla strage. Fino al genocidio. Perché di genocidio si tratta.

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