La giornalista in vacanza
indaga sul giallo dell’estate

Una lunga estate calda. Palermo, 1-9 agosto. Scirocco. Temperatura percepita fino a 50 gradi. 29 nel momento più «fresco» (?). Ordinario strascicarsi della sopravvivenza.

«Conosci l’estate?» (Sellerio, pp. 269, euro 14), citazione dall’indimenticabile concept album di Fabrizio De André («La buona novella», «Il sogno di Maria»), è il primo romanzo della giornalista televisiva Simona Tanzini, nata a Roma e romana purosangue, trasferitasi (per quattro anni) a Palermo: come la sua protagonista, Viola, anche lei giornalista televisiva, romana, trasferita (da undici mesi) a Palermo.

E il rapporto con la città, bellissima e da incubo, caldo grembo che può partorire omicidi e cornetti al gelo di melone («una delle più grandi invenzioni dell’umanità»), traffico criminale e tramonti senza confine (ma il sole non tramonta solo a ovest?), sembra più invadente, nel libro, del rapporto con/tra qualunque singolo essere umano. In questa Palermo sciroccata dallo scirocco parte, per fortuna (altrimenti i giornalisti di cosa parlano?), il giallo dell’estate. Dopo due ragazze senza fissa dimora (della prima «non ce n’è fregato niente perché era la prima»), la seconda per probabili cause naturali (a vent’anni?), arriva, nel giro di due mesi, un terzo, meno ignorabile cadavere: Romina, vent’anni, di buona famiglia ragusana, primo anno all’istituto moda e design. Strangolata. Trovata cadavere da un clochard dietro due cassonetti dell’immondizia. Era la ragazza, più o meno stabile, di un popolare cantante, subito sospettato. Visto che non esistono giornalisti che si fanno gli affari loro (se si fanno gli affari loro non sono giornalisti), Viola, pur in ferie, comincia, sempre un po’ per caso, a restare intrigata nella cosa. E il climax, la gradatio che disegna il suo progressivo coinvolgimento nella vicenda, il restarci sempre più «incastrata», anche perché tocca temi per lei importanti, è una delle tante cose belle del libro. Insieme ad una scrittura brillante, spiritosa, ironica ed autoironica (Viola=voce narrante), incline a humour, sdrammatizzazione, battute, iperboli, paradossi continui: la cifra che, più di tutto, rende riconoscibile lo stile della Tanzini. Salvo impennarsi, e abbandonare ogni ironia, quando si tratta di mafia e delle sue vittime innocenti. Non serve fare il tour delle lapidi, dei magistrati, poliziotti, cittadini caduti. Basta «restare nel presente». Una delle scoperte che Viola fa a Palermo è che «la mafia esiste». Ed è tangibilissima.

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