Parlarsi, abbassando le armi
Come sanno fare i bambini

Due bambine e un giocattolo, parole piccole, grandi temi: David Grossman firma una fiaba speciale «Mia, tua, nostra», illustrata da Giulia Orecchia (Mondadori, pag.48, euro 13).

Racconta di una bambina che per la prima volta si trova di fronte a un’ingiustizia: Lilli porta all’asilo una bambola, Mirtilla, la ripone nel suo armadietto e poi va a giocare. Torna a riprenderla quando arriva l’ora del sonnellino pomeridiano, il momento in cui ogni bambino può portare con sé un pupazzo o un peluche, ma non la trova più. Una compagna, Amalia, la più piccola della classe, gliel’ha portata via di nascosto. Le due bambine si contendono Mirtilla, se la strappano di mano, urlano, piangono. La maestra Gelsomina non sa che pesci prendere: non ha visto a chi appartiene davvero quel giocattolo. Le due bambine, così come le immagina l’illustratrice, non potrebbero essere più diverse: la più piccola, Amalia, ha i capelli rosso fuoco, e sembra un po’ un maschiaccio. L’altra, Lilli, dolce, femminile, timida, senza la sua bambola è disperata: ma quando tutto sembra perduto, la situazione inaspettatamente si risolve da sé. Lilli e Amalia si ascoltano a vicenda, si capiscono - come tra adulti a volte sembra così difficile fare -, decidono, per quel giorno, di condividere Mirtilla, si addormentano insieme, tenendola in mezzo a loro. E in quest’azione così semplice, e allo stesso tempo così importante, c’è una grande, commovente bellezza, che ha il sapore della condivisione.

Grossman, ebreo israeliano, porta nel sangue le tracce della Shoah, suo nonno era un «sopravvissuto». Ha dovuto attraversare il suo personale inferno nel 2006, quando ha perso un figlio amatissimo, Uri, vent’anni appena, colpito da un missile sul fronte libanese. Un dolore che a lungo non è riuscito ad esprimere, finché due anni fa gli ha dato forma nel romanzo «Caduto fuori dal tempo» (Mondadori), una disperata lettera d’amore, che supera il confine tra i mondi: «È solo che il cuore mi si spezza, tesoro mio, al pensiero che io…che abbia potuto… trovare per tutto questo parole». Grossman ha detto più volte che alla fine è stata la scrittura a salvarlo, la sensazione che gli dà di essere sempre in movimento, e del suo linguaggio dice che «la poesia è la forma più vicina al silenzio». Le sue fiabe - ancora più sentite da quando è diventato nonno - nascono così, lievi, evocative, per proteggere i bambini dalle paure della notte, immaginando quell’atmosfera di particolare vicinanza e di complicità che nasce tra grandi e piccoli nel momento del racconto, specialmente la sera, quando il potere della fantasia e dei sogni allarga gli orizzonti.  

© RIPRODUZIONE RISERVATA