Schiacciati dalle parole
andiamo in cerca del silenzio

«Forse esiste solo il silenzio» scrive José Saramago. Spesso però, nella vita di tutti i giorni, diventa un’ esperienza rara: in auto c’ è la radio, in casa la tv, sempre con noi tablet e smartphone. L’ assenza di suoni viene percepita come un’ anomalia. Proprio per questo, però se ne sente di più il bisogno, come se il silenzio potesse diventare un luogo simbolico, un’ isola dove rifugiarsi e ricaricare la mente stressata.

Non esiste infatti, scrive John Biguenet nel suo «Elogio del silenzio. Come sfuggire al rumore del mondo» (Il Saggiatore), un modo più efficace per riordinare i pensieri, dare forma a nuove idee, cercare soluzioni a problemi apparentemente insormontabili. Biguenet, scrittore e drammaturgo, descrive le mutevoli sembianze del silenzio: può portare, dice, l’ angoscia dell’ attesa, l’ inquietudine dell’ ignoto, lo spettro della solitudine. Resta comunque, in un mondo frenetico e caotico, il modo migliore per prendersi cura di se stessi.

Erling Kagge racconta invece «Il silenzio» (Einaudi) come esperienza di viaggio e di conoscenza profonda di sé e del mondo. La sua narrazione nasce da mesi trascorsi al Polo Sud o in cima all’ Everest, negli spazi e nei ritmi della natura: «Cercare il silenzio. Non per voltare le spalle al mondo, ma per osservarlo e capirlo. Perché non è un vuoto inquietante, ma l’ ascolto dei suoni interiori che abbiamo sopito». Kankyo Tannier, infine, ne «La cura del silenzio. Come il potere della calma può trasformare le nostre vite» (Sperling & Kupfer) propone consigli utili per favorire la concentrazione, cambiare prospettiva, migliorare la propria vita. Una specie di terapia per riportare in equilibrio le emozioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA