Una barca può aiutare
a ricostruire l’equilibrio

«Se vuoi costruire una barca - dice Antoine Saint Exupéry nella «Cittadella», raccolta di riflessioni e pensieri - non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito».

C’è coraggio e magia nell’intraprendere un’impresa del genere: creare con le proprie mani un mezzo che possa solcare le acque e inseguire nuovi orizzonti. Ne svela la forte componente simbolica «L’arte di costruire una barca» (De Agostini) di Jonathan Gornall, un coinvolgente racconto autobiografico che parla d’amore e di libertà. A ispirarlo, poco dopo la nascita di Phoebe, la figlia dello scrittore, è la copertina di un libro di Rudyard Kipling. Jonathan, che in due occasioni ha tentato di attraversare l’Atlantico a remi, mette alla prova se stesso, supera i suoi limiti e alla fine riesce a realizzare un’imbarcazione vera, per compiere poi con Phoebe, a 5 anni, la circumnavigazione dell’isola di Horsey.

È il lavoro fisico a sanare le ferite dell’anima e a restituire speranza anche nel romanzo di Daniel Gumbiner «Il costruttore di barche» (Lindau). Il protagonista Eli dopo un grave incidente e un trauma cranico diventa dipendente dai farmaci per alleviare il mal di testa. A cambiargli la vita è l’incontro con Alejandro, silenzioso costruttore di barche: una storia di amicizia e di rinascita.

Suggestivo e dall’atmosfera fiabesca, infine, il «Diario di bordo» (Mondadori) di Capitano Angelo Magnano. Ci sono momenti, nella vita in cui la paura spinge a mantenere le barche ancorate in porto, ma «solo navigando - scrive -, con fiducia e coraggio, puoi scoprire cose nuove di te e del mondo».

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