Dona un rene al marito malato: «Ho temuto che lo rifiutasse»

Sotto il Monte. Il grande atto d’amore di Anna Locatelli verso Claudio Brembilla. La sindrome di Berger, la dialisi già a 27 anni e in precedenza due trapianti da cadavere.

«Se il mio rene fosse compatibile, io sono disponibile» .È una tiepida mattina d’autunno del 2019. In uno studio medico, una nefrologa, un chirurgo e un anestesista hanno convocato una coppia di Sotto il Monte Giovanni XXIII. Sono coetanei, si conoscono da quando avevano 16 anni. Sono genitori di 3 figli. Lui, Claudio Brembilla, 63 anni, ha la sindrome di Berger, i suoi reni non funzionano, ha già subito 2 trapianti da cadavere. È lì perché deve mettersi in lista d’attesa per il terzo trapianto. Lei, Anna Locatelli di Calusco d’Adda, ha appena pronunciato quelle parole: «Se il mio rene fosse compatibile, io sono disponibile». Claudio è stupito e terrorizzato al tempo stesso. Gli si è gelato il sangue nelle vene. Non sa nulla delle intenzioni della moglie. Non gliene ha mai parlato.

«Ma Anna, sei impazzita». No, lei sa cosa vuole fare. Gli donerà il rene che gli permetterà di liberarsi dal giogo della dialisi, di tornare libero. È una storia non semplice da raccontare. Claudio e chi scrive hanno fatto le scuole elementari e medie assieme. E si conoscono da sempre anche con Anna. Troppo facile liquidare il gesto della moglie come un atto dovuto: si tratta di un estremo gesto d’amore di una donna che lo ha seguito ogni istante della sua vita, affettiva e lavorativa.

«È banale dirle che le sarò grato per tutta la vita» dice Claudio, seduto sul divano con Anna, davanti al caminetto acceso di casa. No, non siamo davanti a una scena da «libro cuore» o al retorico quadretto di famiglia. Ciò che è «accaduto» è qualcosa di eccezionale e straordinario che forse entrambi non hanno ancora metabolizzato. Claudio è così rinato per la terza volta il 21 ottobre scorso, quando all’ospedale di Padova ha ricevuto il rene di Anna.

«Eravamo in due sale operatorie attigue – dice Claudio -, io sono entrato alle 8 e sono uscito alle 16,30. Prima il prof. Paolo Rigotti ha voluto sincerarsi delle mie condizioni, se fossi pronto a ricevere il rene. Quel giorno ho solo pregato che tutto andasse per il verso giusto. Ho pensato a tante persone, ai figli, ai parenti, agli amici, alle infermiere del centro dialisi (Cal di Borgo Palazzo) dell’Ospedale di Bergamo che mi hanno assistito negli anni della dialisi». Ma la storia di Claudio e Anna inizia da molto più lontano. Claudio ha un fratello, Roberto, con la stessa dannata patologia, la sindrome di Berger o glomerulonefrite a depositi di IgA, una nefropatia che nei casi più gravi si può «gestire» con la dialisi, ma nel lungo periodo la soluzione resta il trapianto. Roberto non ce la fa. Muore a soli 37 anni.

«L’ho tenuto allo scuro di tutto e quando gli ho rivelato la mia decisione pensava che fossi impazzita»

Per Claudio, per i suoi familiari, un dolore atroce. E la morte del fratello con la stessa patologia sembra prospettargli lo spettro di una vita che potrebbe essere breve o lunga, ma in ogni caso tutt’altro che facile. E infatti Claudio a soli 27 anni è già in dialisi. Due volte la settimana avanti e indietro dal padiglione dei «vecchi» Ospedali Riuniti. Quattro anni dopo, nel 1991, arriva il primo trapianto da cadavere. Lo opera il prof. Giuseppe Locatelli, primario di chirurgia pediatrica. Ma il rene, dopo 7 anni, smette di funzionare per recidiva della malattia di base. Claudio torna per la seconda volta in dialisi. Arriva il primo novembre 2000 e arriva anche il secondo trapianto. Stavolta il rene fa il suo lavoro più a lungo fino al 2018, quando Claudio per la terza volta è costretto a rientrare in dialisi sempre per recidiva della malattia di base.

Detto così sembra la cronologia di una serie di eventi sfortunati. Ma in mezzo c’è una coppia, oggi con tre figli – Rossana 33 anni, Diana 31, Gabriele 21 - e soprattutto c’è Claudio che nel frattempo – fra un trapianto e una dialisi - porta avanti l’azienda di famiglia, si laurea in Scienze Economiche, consegue master nel sistema creditizio e finanziario, riceve premi e riconoscimenti, è cofondatore di istituti bancari, riceve onorificenze di Cavaliere della Repubblica, Cavaliere di San Marco, si assume incarichi come consigliere nazionale Fiaip e con chi scrive trova il modo di pensare al suo paese, fondando la Pro Loco. Ma per tutto questo occorrerebbero altre pagine di giornale. Claudio è un vulcano in continua eruzione, e forse anche questo l’ha salvato, nonostante 2 giorni della sua settimana dovesse sottoporsi alla routine della dialisi, sicuramente una terapia salvavita che comporta comunque «una riorganizzazione della propria vita», dice.

«Devo ringraziare tutto lo staff medico dell’ospedale Papa Giovanni e le infermiere del Cal»

Nell’autunno del 2019 si comincia a pensare ad un terzo trapianto. Ma sulla strada stavolta c’è un altro ostacolo: il Covid, con tutte le difficoltà che ha comportato. Nel marzo 2021 Claudio e Anna ricominciano a sperare. Inizia lo studio per la compatibilità: analisi, gruppo sanguigno, cross-match, compatibilità HLA. Dalla primavera 2021 all’autunno di quest’anno è tutto un lungo percorso. «Pareva che gli esami non dovessero mai finire – aggiunge Claudio – alcune volte è subentrata una certa rassegnazione». La scelta dove effettuare il trapianto da vivente è poi caduta su Padova. Il percorso di preparazione al trapianto è terminato all’inizio di ottobre quando la coppia è pronta per il grande giorno. Ma quando sperano di essere ormai giunti al capolinea, poche ore prima dell’intervento, Anna ha un malore e sviene. Il medico non se la sente di procedere. Anna ha un colloquio con lo psicologo, nel frattempo vengono chiamati i figli ai quali viene chiesto anche a loro se acconsentono al trapianto. «Se questa è la loro volontà – si fa portavoce Rossana – a noi sta bene».

Si procede pertanto al trapianto e cinque giorni dopo Anna è a casa con un rene solo, Claudio, con il suo nuovo rene, la raggiungerà cinque giorni più tardi. Entrambi stanno bene e proseguono con i controlli presso la Nefrologia dell’Ospedale di Bergamo. E quello che arriva per loro sarà un gran bel Natale. «L’elenco delle persone da ringraziare sono talmente tante – dice Claudio – che rischio di dimenticarne alcune. Penso spesso a quelle due persone decedute che con la donazione del loro rene, mi hanno dato 24 anni di vita normale, lontano dalla dialisi. E non posso che ringraziare la dottoressa Eliana Gotti, responsabile del Centro trapianti di rene dell’Ospedale Papa Giovanni di Bergamo dove lavora come nefrologa da molti anni e come responsabile del programma di trapianto sin dalla sua nascita. Mi segue e sopporta da ben 34 anni. Devo ringraziare tutto lo staff medico del Papa Giovanni, sicuramente un’eccellenza». E pure Padova ha i suoi primati: sabato 10 dicembre ha tagliato il traguardo dei 3.000 trapianti.

Mentre Claudio parla, Anna preferisce rimanere in ascolto. «Non è stata una scelta facile, l’ho meditata – dice – mi sono informata ma ho tenuto mio marito all’oscuro fino all’ultimo perché temevo che rifiutasse il mio gesto. E in un certo senso quando mi ha dato della pazza, ho temuto che tutto finisse lì». «Il trapianto da vivente come ci hanno spiegato i medici – aggiunge – è la nuova frontiera». I pazienti in lista di attesa per trapianto di rene In Italia, erano lo scorso anno 5.986, con tempi medi di attesa per l’intervento di 3,2 anni. Nel 2021 sono morte aspettando un organo 210 persone (il 2,4%) mentre altre 296 sono uscite dall’elenco della speranza per inidoneità clinica. Sempre lo scorso anno sono stati effettuati in Italia 1701 trapianti dei quali solo 192 da donatore vivente. Tutto questo dipende dalla carenza di donatori deceduti e quindi di organi da donatore cadavere.

«Sono proprio queste cifre – chiosa Anna – a dover far riflettere.La cultura del dono e della donazione è qualcosa di straordinario e credo che si debba sempre più pensare a questa opportunità. Non è facile, ma questa un giorno diventerà la strada maestra».

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