I legali: Bossetti a casa con il braccialetto
Entro cinque giorni la risposta dei giudici

Gli otto giudici hanno trascorso il pomeriggio di lunedì 21 dicembre impegnati in una lunga camera di consiglio. La luce dell’ufficio della presidente Antonella Bertoja, al secondo piano del Tribunale di via Borfuro, è rimasta accesa fino a tardi, ultima a spegnersi in una fredda serata di solstizio d’inverno.

La Corte d’Assise è chiamata nuovamente a esprimersi su un’istanza di scarcerazione (la seconda a processo già avviato, la nona se si considerano anche le fasi precedenti) presentata dalla difesa di Massimo Bossetti. Una mossa un po’ a sorpresa, giunta nell’ultima udienza prima dello stop natalizio. La riserva dei giudici sarà sciolta a breve, comunque non oltre il termine di cinque giorni.

In linea generale la custodia in carcere viene disposta quando, con il presupposto della gravità indiziaria (per Bossetti pesa il Dna), sussiste almeno uno tra i pericoli di fuga, inquinamento probatorio o di reiterazione del reato. Proprio quest’ultima è l’esigenza cautelare che tiene Bossetti in cella, sin dalla decisione del gip Ezia Maccora dopo l’interrogatorio di convalida del fermo (19 giugno 2014), confermata di fatto per altre 7 volte tra Riesame, Cassazione e la stessa Corte d’Assise.

«L’imputato, se messo a casa con moglie, figli e braccialetto elettronico, non potrebbe ripetere alcun reato», ha affermato il legale Paolo Camporini, che poi ha ricordato il tempo già trascorso in cella da Bossetti, la sua incensuratezza, il suo stile di vita. Negativo il parere del pm Letizia Ruggeri: «Nulla è cambiato rispetto alle esigenze cautelari così come sono state valutate nelle precedenti otto decisioni, tutte contro la scarcerazione».

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