Quei volti tra le croci ci parlano di pace

Per anni i resti dei soldati caduti nella Prima guerra mondiale hanno viaggiato da un luogo all’altro: dal fronte ai piccoli cimiteri di paese, poi nei grandi sacrari. Oggi, grazie anche all’impegno di tanti studenti, quelle vite tornano ad avere un nome e un volto, per ricordarci quanto sia preziosa la pace.

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Tra le immagini che alcune gite estive in montagna ci consegnano, ci sono spesso anche i cimiteri di guerra. Un lettore ce ne invia alcune aprendo il dibattito attorno ai sentimenti che ci suscitano. Se in tempo di pace possiamo permetterci di scorrere, con gratitudine per il loro sacrificio, i nomi dei soldati accarezzandone i volti, oggi non possiamo più permettercelo. I loro sguardi sono diventati monito severo in virtù dei venti d’odio che stanno oggi soffiando. Per questo giova ripercorrere alcuni dei fatti che riguardano questi soldati. I cimiteri di guerra, i monumenti ai caduti e le tombe dei soldati, con il loro stile austero, sono le cicatrici lasciate dalle battaglie che hanno attraversato la nostra storia nazionale.

Al termine della prima guerra mondiale gli Stati dovevano risolvere il problema di dare rapidamente sepoltura ai tanti morti sul fronte di combattimento in prossimità della linea del fuoco. I resti umani vennero dunque sepolti in cimiteri improvvisati, detti cimiteri di guerra di prima sepoltura, nei pressi dei forti o degli ospedali da campo sotto il coordinamento dell’«Ufficio centrale per la cura e per le onoranze dei Caduti in guerra», aperto nel 1920, con decreto del Ministero della Guerra. Per coloro che morivano negli ospedali delle retrovie, invece, veniva recintato uno spazio apposito nei cimiteri del villaggio più vicino.

Nel 1931 fu promulgata la legge di «Sistemazione definitiva delle salme dei Caduti in guerra» che aboliva i cimiteri di guerra e militari perché, per vari motivi, non offrivano la possibilità di una sistemazione sicura e adeguata alle salme dei soldati. Questa legge portò al definitivo trasferimento di molti dei resti in luoghi più idonei per la commemorazione e in alcuni luoghi particolarmente significativi si iniziarono a costruire i sacrari militari. Non solo, i grandi memoriali servivano al regime per celebrare la grandezza e l’eroicità dei soldati italiani morti in guerra.

Meritano una citazione anche i cimiteri degli inglesi della zona di Asiago che custodiscono le salme dei loro soldati che, per tradizione britannica, vengono lasciati nel luogo di prima sepoltura. Durante la Prima guerra mondiale tre divisioni delle forze armate del Commonwealth arrivarono in Italia, occupando un settore del fronte tra Asiago e Canove. Questi cimiteri militari di prima sepoltura sono oggi ancora attivi sull’altopiano «dei Sette Comuni». Si trovano a Barenthal, Moscon, Granezza, Cavalletto e Magnaboschi e ancora oggi è la «Commissione delle tombe dei caduti in guerra del Commonwealth» che si occupa della loro manutenzione. Una targa, posta sul muro di cinta di ogni cimitero, ricorda che il suolo di questi cimiteri è stato donato alla Gran Bretagna per la commemorazione dei propri caduti.

La città di Bergamo

Bergamo si occupò, all’indomani della Grande guerra, dell’onore dei suoi caduti. Nel febbraio 1919, si legge nelle cronache comunali, si discusse sulla necessità di costruire dei monumenti che esaltassero il patriottismo dei Bergamaschi da realizzarsi sia in centro che nei quartieri periferici come la Malpensata dove si progettò un monumento alla Santa Croce/Tempio della Vittoria, posto vicino alle case operaie esistenti e soprattutto adiacente a quello che era il cimitero di San Giorgio e al Cimitero Evangelico (spostati nel 1904). Furono usate le pietre dei muri di cinta esistenti per abbassare i costi e collegare simbolicamente il ricordo dei caduti in guerra con quello dei cittadini defunti nel corso dell’Ottocento. Fu aperta anche una pubblica sottoscrizione che ha consentito di raccogliere già la consistente cifra di 76.300 lire.

I segni della storia continuando a parlarci grazie anche all’interessante progetto «Pietre della memoria» promosso da Anmig (Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra), finalizzato al censimento di monumenti, lapidi, lastre commemorative, steli, cippi e memoriali riguardanti le guerre mondiali. Le scuole del territorio italiano hanno fotografato, descritto e indagato su moltissimi manufatti che sorgono proprio nei luoghi che attraversiamo quotidianamente. Sul sito, alcuni cippi che sono stati censiti dai nostri studenti. I nomi e le storie dei soldati ci guardano e sembrano parlarci di pace piuttosto che di eroismo.

Valtesse e Valverde ai caduti in battaglia

Il monumento dedicato ai caduti della prima e della seconda guerra mondiale si trova tra via Ruggeri da Stabello e via Maironi da Ponte, in una grande aiuola che contiene una piccola fontana a forma di losanga lobata. Realizzato nel 1951, è opera di Giuseppe Siccardi, artista di Albino, figlio di un marmista e allievo di Ponziano Loverini. Sul monumento è presente quella che potrebbe essere una «Vittoria alata» che presenta un’espressione seria in volto e un ramo d’alloro nella mano tesa verso l’alto a rappresentare l’onore e la gloria da tributare ai caduti in guerra. Potrebbe però essere anche un angelo che sorveglia il monumento e i suoi caduti in qualità di messaggero tra Dio e gli uomini.

Borgo Santa Caterina ai morti per la guerra

L a lapide è collocata sulla chiesa parrocchiale di Santa Caterina ed è dedicata ai dispersi e alle vittime civili di guerra. Si trova a destra rispetto alle altre due lapidi presenti sulla parete dedicate la prima ai caduti per la Patria e la seconda ai borghigiani caduti durante il primo conflitto mondiale. In cima alla lapide è presentata in bassorilievo una mano che impugna l’elsa di una spada, simbolo di guerra, conficcata nella pietra e circondata da una corona di alloro, simbolo di vittoria, di eternità e di immortalità. La funzione sociale di queste lapidi, che popolano i muri pubblici e religiosi dei nostri paesi garantiscono la memoria delle storie personali di ogni soldato caduto in battaglia, perdendo la vita lontano dall’amato borgo natìo. In alcuni casi si parla sono dei soldati. In altri casi, come questo, anche delle vittime civili.

Il palazzo delle Poste ai caduti telegrafisti

L a lapide si trova nella sede delle Poste di via Locatelli in città e è dedicata ai telegrafisti bergamaschi caduti durante la Grande guerra. Data la presenza dell’emblema della Repubblica e l’ottimo stato di conservazione è deducibile che essa sia stata posta nei primi anni dell’età repubblicana. Al simbolo manca la ruota di acciaio dentata che rappresenta il lavoro e la stella a cinque punte è iscritta tra due rami, uno di olivo e uno di quercia, legati da un nastro rosso, con la scritta bianca in carattere capitale «Repubblica Italiana». Ai lati della lapide, invece, sono presenti due strutture rappresentanti lampade funerarie color giallo senape, idealmente accese. Esse rappresentano il ricordo imperituro che i vivi custodiranno dei morti che, per il loro coraggio, non possono essere dimenticati.

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