
Bergamo senza confini / Bergamo Città
Domenica 20 Luglio 2025
«Australia, Paese tutto da vivere. Ma non è l’Eldorado»
LA STORIA. A 22 anni Mattia Libretti ha lavorato a Brisbane. «Viaggiare ti apre la mente, lo consiglio ai ragazzi. Ma sui social sembra tutto bello: non è sempre così»

C’è un momento, quando voli verso Est, in cui il cielo si allarga come un sipario e la luce diventa diversa, quasi liquida. È il momento in cui smetti di appartenere del tutto a casa tua e non appartieni ancora al posto dove stai andando. Lì, in quell’intervallo di latitudini e sospensioni, comincia il viaggio vero. Mattia Libretti, 22 anni, questo spazio lo conosce bene. Ci ha messo dentro sogni, timori, valigie leggere e desideri ingombranti. Un biglietto di sola andata per l’Australia, e la voglia di scoprire se il mondo fosse davvero più grande delle colline di casa sua. «Sì, sono partito per trovare me stesso o comunque vedere la mia persona in un nuovo ambiente. Sono partito senza avere trovato ancora un lavoro o un alloggio fisso. Sono partito senza sapere quanto sarei stato. E sì, questa esperienza mi ha lasciato tutto ciò che potevo immaginare e più». Gli occhi di Mattia brillano mentre lo dice, come se ci fosse ancora il riverbero dell’oceano dentro. Eppure il suo racconto è tutto tranne che un post da influencer.
Da Perth a Brisbane
«Un piccolo dettaglio da specificare è che sono partito con la consapevolezza che non è tutto oro quel che luccica. Sembra un’ovvietà, ma se come me sei un grande fruitore dei social sai bene come un sacco di ragazzi in Australia raccontano di questa terra come marketer esperti. Stanno mentendo? Non tutti. Ma è giusto raccontare entrambi i lati della medaglia, non solo quello più luccicante». Mattia, un diploma al liceo internazionale Guido Carli di Brescia, laureato in Comunicazione multimediale e digitale alla Iul (Università online con sede a Firenze) e con un diploma in store management conseguito alla Jobsacademy di San Paolo d’Argon, ha sempre avuto la testa piena di mondi da vedere e parole da scrivere.
Prima di prendere quell’aereo, la sua vita era rimasta racchiusa in confini familiari: stage in un cinema di Bergamo, commesso da Starbucks, scaffali da riempire in un supermercato bio. Poi, un giorno di novembre del 2024, è partito verso Perth. «Io sono partito i primi giorni di novembre con direzione Perth, città in cui sono stato per un mese prima di effettuare qualche spostamento fra gli spazi enormi australiani e arrivare dopo una settimana di sightseeing (visite turistiche, ndr) a Brisbane. Le difficoltà iniziali sono state molte, essendo la mia prima volta così tanto lontano da casa e fondamentalmente solo e senza facce a me amiche». La sua voce si abbassa quando lo racconta, quasi si possa toccare il peso della solitudine, il silenzio improvviso delle sere australiane.

«Stavo valutando davvero l’idea di tornare a casa. Fui convinto però da un amico, che al tempo viveva a Brisbane, di andare a trovarlo e dare una chance alla East Coast prima di terminare la mia esperienza ai propri arbori. Arrivato dall’altra parte del Paese capii che forse un viso familiare era proprio quello di cui avevo bisogno, soprattutto all’avvicinarsi delle feste natalizie (anche se a 35 gradi)». Per molti giovani, l’Australia è il miraggio di stipendi da sogno, spiagge infinite, foto da postare su Instagram. E in parte è vero. Ma è anche altro. «Il lavoro non si trova in un giorno o due. A meno che tu sia davvero fortunato ci vogliono un paio di settimane. Io avevo stampato i curriculum vitae in Italia e dopo aver inviato più di 100 curriculum online, consegnato oltre 40 curriculum fisicamente e scritto qualche annuncio su Facebook, trovai lavoro come cameriere. Questo processo durò circa tre settimane dal mio arrivo».
Se gli chiedi se l’Australia sia davvero Eldorado, Mattia sorride, con quel sorriso sottile di chi sa che la verità sta sempre a metà. «Sicuramente, a mio parere, fare un’esperienza all’estero dovrebbe essere un must per ogni giovane del terzo millennio. Bisogna però fare attenzione ai soliti guru del sapere che diffondono illusioni. È giusto condividere il proprio viaggio, ma devi considerare che è solo un lato della medaglia. La verità sta sempre nel mezzo»
E la casa? Non è proprio la leggenda metropolitana di sistemazioni a pochi dollari. «Dopo qualche giorno in ostello capii che non era affatto la sistemazione adatta a me. A costo di sembrare viziato, ammetto che gli ostelli dai quali sono passato non valevano il prezzo che ho pagato. Quando le persone lasciano gli spazi in condizioni indecenti nasce un problema spesso irrisolvibile. E gli ostelli non garantiscono nemmeno più un grande risparmio rispetto a una stanza privata in una casa condivisa». Così Mattia si ritrova in una deli (delicatessen) italiana di Brisbane. Affetta salumi, parla italiano e inglese, e prova a cucire la sua identità fra prosciutti e sogni tropicali. «Ho lavorato lì per quasi sei mesi come salumiere. Rispetto ai lavori che ho svolto nel primo mese a Perth (cameriere, dog sitter e panettiere), la paga era molto buona e gli orari semi-fissi permettevano un buon work-life balance. Questo mi ha permesso di spendere spesso le giornate di riposo in spiaggia con amici e colleghi e visitare altre città e luoghi emblematici dell’Australia: da Sydney a Melbourne, passando per Noosa e la Grande Barriera Corallina e molti altri».
Il ritorno per studiare
Se gli chiedi se l’Australia sia davvero Eldorado, Mattia sorride, con quel sorriso sottile di chi sa che la verità sta sempre a metà. «Sicuramente, a mio parere, fare un’esperienza all’estero dovrebbe essere un must per ogni giovane del terzo millennio. Bisogna però fare attenzione ai soliti guru del sapere che diffondono illusioni. È giusto condividere il proprio viaggio, ma devi considerare che è solo un lato della medaglia. La verità sta sempre nel mezzo». L’Australia, per lui, è stata anche scoprire un mondo più libero. «La qualità della vita è decisamente più alta grazie al clima mite. Ogni lavoro permette più di una “sopravvivenza”. Ma la cosa che più mi ha stupito è la facilità di reinventarsi lavorativamente da un giorno all’altro. Un altro aspetto importante è la sicurezza. L’Australia batte l’Italia in questo campo. Mai mi sono sentito in pericolo o a disagio in un luogo pubblico. La società è davvero più inclusiva di quanto la mia mente europea potesse concepire».
A settembre riprenderà gli studi all’Università di Bergamo, per una laurea magistrale in Editoria e giornalismo. Ma non mette confini ai suoi sogni.
Eppure, tra Oceano Pacifico e cieli infiniti, qualcosa mancava. «L’italianità mancava, soprattutto in un Paese dove le persone sono molto gentili di primo acchito, ma andare a fondo di un rapporto di amicizia è complicato. Gli australiani sono molto individualisti nei rapporti interpersonali». Così Mattia è tornato dopo oltre sette mesi. Anche se non è detto che sia un ritorno definitivo. «L’Italia mi mancava tanto, soprattutto per amici e famiglia. Tornare a casa è stato dolce-amaro perché lasciare una quotidianità nata e vissuta dall’altra parte del mondo è comunque triste. Ma vivere all’estero apre davvero la mente e ti fa capire quanto importante sia essere aperti al confronto e alla crescita con gli altri». A settembre riprenderà gli studi all’Università di Bergamo, per una laurea magistrale in Editoria e giornalismo. Ma non mette confini ai suoi sogni. «Io che amo scrivere in inglese, soprattutto poesie, sono consapevole che se mai dovessi intraprendere questa carriera, le mie opportunità potrebbero moltiplicarsi in suolo estero. Ma sono aperto al cambiamento. E sono pronto a essere stupito da quello che il mio percorso mi porrà dinanzi d’ora in poi, consapevole che di posto nel mondo non ne esiste solo uno, ma sta a ognuno crearsi la propria vita negli spazi in cui si ritrova». Ed è questo, forse, il vero viaggio: andare lontano per capire che non c’è un solo posto chiamato casa. E scoprire che a volte la distanza più grande è quella tra chi eravamo e chi stiamo diventando.
Bergamo senza confini
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
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