Esperto di logistica in Scozia: «Partito a 42 anni, non è mai troppo tardi per ricominciare»

LA STORIA. Il desiderio di fare qualcosa che da ragazzino avrebbe sempre voluto fare. Seguendo questo sogno, Matteo Bortolotti, 49enne di Gandino, ha lasciato l’Italia per trasferirsi in Scozia, a Edimburgo, sette anni fa. Lì ha avuto anche la possibilità di fare carriera, e ora ricopre il ruolo di manager logistico.

«Come mai ho deciso di partire? Bella domanda (ride, ndr) – racconta il gandinese –: credo che la motivazione principale sia stata quella di fare qualcosa che, sin da quando ero ragazzino, ho sempre voluto fare. Oltre a questo, mi hanno dato una spinta a partire anche la mia passione per la lingua inglese, la curiosità di vivere in un Paese diverso e il desiderio di conoscere nuove realtà. Ho scelto Edimburgo perché nella fase finale, quando dovevo scegliere dove effettivamente andare, sono rimasto affascinato dall’architettura, la storia, le usanze di questa città unica».

«L’idea di pensare a quanto sarei stato all’estero era la parte più preoccupante e imprevedibile di tutto il “progetto” – racconta Bortolotti –. La mia permanenza sarebbe infatti dipesa da diversi fattori. A differenza di molti altri, io non avevo una vera e propria necessità di partire, era solo un desiderio. Ciò, ha ovviamente implicato dei rischi e delle preoccupazioni, visto che da perdere, in caso di “fallimento”, avrei avuto molto. Avevo un posto di lavoro in un’azienda locale che mi ha dato molto, e che tuttora ringrazio per la flessibilità e le opportunità che mi ha sempre dato: sono stato lì circa vent’anni. Cosa sarebbe successo se, dopo il licenziamento, mi fossi trovato a dover ritornare e cercare un lavoro? Avevo molti hobbies e passioni che erano parte attiva della mia vita in Italia: come sarebbe stato interrompere tutto? La mia famiglia, sempre presente, pronta a supportarmi e vicina per qualsiasi necessità. Insomma, l’intenzione era di restare a lungo ma le paure di non riuscire mi facevano immaginare anche una possibile breve permanenza».

Non è stato così: da diversi anni il 49enne vive nel Regno Unito. Le attese sono state ampiamente ripagate. «Di aspettative ne avevo molte ma – confessa –, principalmente, erano aspettative assolutamente personali e nulla da dover dimostrare agli altri. Avrei voluto trovare un lavoro, dimostrare a me stesso che, anche in un Paese nuovo e con una lingua diversa, sarei stato in grado di fare molto e di farlo bene, al meglio. Contemporaneamente, ovviamente, si aggiungeva tutto ciò che erano le cose base e fondamentali per ciascuno di noi: trovare un alloggio, cucinare e fare le faccende di casa, crearsi nuove amicizie. Insomma, vivere in completa autonomia era il mio principale obiettivo. E con orgoglio, posso dire di essere soddisfatto del percorso fatto. Quando parti da zero, come nel mio caso, devi veramente fare del tuo meglio. Non puoi sbagliare, ma mi sento di aver fatto molto, di essere stato in grado di fare ciò che volevo, essere stato accettato e gratificato da coloro che di me non sapevano o conoscevano nulla».

«Sono qui dal 2016, ma il tempo è passato in un lampo. Durante questo tempo ho avuto la possibilità di fare molte esperienze nuove e di crescere professionalmente. Appena messo piede qui, ho lavorato per una grossa azienda multinazionale: fornivamo assistenza a clienti italiani e di molte altre nazionalità. Ho iniziato dal basso fornendo assistenza e pian piano, dimostrando le mie capacità, fino ad arrivare a essere manager di numerosi settori, e dove gestivo diverse cose: colloqui, assunzioni, formazione, performances e molto altro, talvolta anche licenziamenti purtroppo. Dopo la brutta parentesi Covid, ho iniziato a sentire il bisogno di un cambio: la vita da scrivania e il lavoro ormai definitivamente in remoto da casa, iniziava ad avere effetti indesiderati sul mio benessere fisico. Ero diventato troppo sedentario e, alla mia età, la cosa non andava bene. Avevo bisogno di muovermi, tornare attivo come ai vecchi tempi. Quindi, dopo circa sei anni ricchi di meravigliose esperienze e insegnamenti, ho voluto rimettermi in gioco».

Più facile trovare lavoro

«In Scozia, per fortuna, se cerchi un lavoro, lo trovi senza troppi problemi – racconta ancora il gandinese –: devi solo capire la cosa giusta per te e lanciarti. La meritocrazia è una cosa molto importante qui, non contano i pregiudizi che purtroppo ancora in Italia troviamo: devi dimostrare di essere all’altezza e, se lo fai, non importa a nessuno se tu abbia una laurea o una licenza media (escluso poche eccezioni). Se ci sai fare e sei meglio degli altri, ti prendi il posto. E così, da circa un anno, lavoro per una azienda a conduzione familiare che sta crescendo sempre più, un posto che, ancora una volta, mi sta dando molte soddisfazioni ed opportunità di crescita. Ricopro il ruolo di manager logistico occupandomi di tutto ciò che comporta: ordini, consegne, trasporti ed allestimento eventi per i negozi o unità mobili della ditta. Decisamente una vita più movimentata e spesso “on the road”. Quel che mi serviva».

Burocrazia leggera

Diverse le differenze con l’Italia, anche se non è sempre tutto oro quello che luccica. «Le differenze con la mia patria sono moltissime. Un insieme di cose migliori e altre invece peggiori. Sì, perché non è vero che il giardino del vicino è sempre più verde. Cercando di riassumere in breve, direi che la vita a Edimburgo è molto più semplice e con meno burocrazia. A volte mi pare di aver fatto un salto indietro nel tempo ed essere ritornato ai nostri Anni Ottanta. Alcuni esempi? Ho trovato lavoro in tempo zero, senza che qualcuno si soffermasse sulla mia età, provenienza o razza. Ho aperto il conto corrente in venti minuti, senza problemi, senza costi di gestione (anzi, qui pagano ancora interessi sul capitale). Ho comprato casa con estrema semplicità, supporto economico del governo (perché prima casa) del 40% a interessi zero e acceso un mutuo con una normale busta paga e senza bisogno di genitori, nonni o bisnonni come garanti. L’auto, in sole due ore, l’ho acquistata ed effettuato il passaggio di proprietà a un costo ridicolo. È tutto più snello, con la maggior parte delle cose fatte online e con pochissime carte in giro».

«Edimburgo è una città, non troppo grande, ma in grado di offrire tutto. Come dicevo però non tutto è migliore. Il mio paese, le mie origini spesso mi mancano. Il livello raggiunto dalle nostre comunità è difficilmente paragonabile a quello di Edimburgo: qui ancora non hanno l’attenzione all’ambiente che abbiamo noi, la cura di ciò che ti circonda. Non è così insolito vedere ancora gente che getta spazzatura a terra (e questa cosa mi urta un sacco) ma, per fortuna, molti sono l’opposto anche se ancora troppo pochi. Riguardo al cibo, devo veramente dirlo? Assolutamente nulla supera la cucina italiana (e le lasagne di “mammà”). D’altro canto però, spesso hanno prodotti molto più genuini e che sono veramente deliziosi, soprattutto quando si parla di derivati da animali o coltivazioni provenienti da zone limitrofe. Di casa mancano tutte le cose che mi hanno sempre accompagnato negli anni precedenti, prima della partenza. Però, al momento, apprezzo molto di più il mio Paese di origine da turista, piuttosto che da residente. Non penso all’idea di tornare in Italia, poi chi lo sa, magari tra molto tempo accadrà».

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