Festività da expatriata: «L’unico desiderio, avere vicino tutti i propri cari»

La storia. «Cara Santa Lucia, noi bergamaschi, diciamocelo, siamo cresciuti così, con la nonna che ci chiama la sera prima per passare da casa a mettere il fieno perché il tuo asinello ha bisogno di nutrirsi tra una casa e l’altra». Inizia così la letterina che Daniela Colombo, 37 anni, originaria di Nembro ma che da cinque anni e mezzo vive a Parigi, dove lavora per sviluppare profumi per la Firmenich, ha indirizzato alla Santa preferita dai bambini bergamaschi quest’anno.

«Cara Santa Lucia, noi bergamaschi, diciamocelo, siamo cresciuti così, con la nonna che ci chiama la sera prima per passare da casa a mettere il fieno perché il tuo asinello ha bisogno di nutrirsi tra una casa e l’altra. Andiamo a letto con l’agitazione e non riusciamo a dormire, chiedendoci chissà quale sarà il regalo che riceveremo. Attendiamo la magia di te che arrivi nel buio, in silenzio, ma che il giorno dopo illumini di gioia tutte le case di Bergamo». Inizia così la letterina che Daniela Colombo, 37 anni, originaria di Nembro ma che da cinque anni e mezzo vive a Parigi, dove lavora per sviluppare profumi per la Firmenich, ha indirizzato alla Santa preferita dai bambini bergamaschi quest’anno. Una letterina in cui chiedeva: «Quest’anno, non portarmi regali, non li voglio! Quest’anno se riesci, fai la magia più bella che ci sia! Porta mio papà a Parigi». Un desiderio per ora rimasto inesaudito. Come per molti bergamaschi che vivono all’estero le festività sono il momento più delicato della vita da espatriato. Più di ogni cosa infatti si desidererebbe trascorrere il Natale con le proprie famiglie d’origine, spesso lontane e impossibilitate a spostarsi.

Daniela è partita nel 2017 dalla Bergamasca, «ha fatto carriera» e oggi sta richiedendo la nazionalità francese e vorrebbe tanto mostrare tutto questo a suo padre Mario. «Mi trovo in Francia, a Parigi, da ormai 5 anni e mezzo – racconta Daniela –. Sono partita grazie a un’opportunità di lavoro. Al tempo lavoravo per un’azienda di cosmetica a Milano, ma che aveva anche uffici a Parigi. Venivo spesso a Parigi proprio per lavoro e sapevo la lingua, avevo già amici qui. Così ho risposto a un posto aperto interno all’azienda qui a Parigi e sono venuta qui con il ruolo di project manager. Praticamente mi occupavo dello sviluppo dei prodotti». Da poco più di un anno, poi, Daniela ha cambiato lavoro, assumendo il ruolo di account manager per la nuova azienda per cui lavora, la Firmenich. «È una maison de parfum. È un’azienda svizzera che si occupa di tutto il lato profumi, aromi e io sono account manager per quest’azienda molto bella, in cui mi trovo molto bene. È un ambiente internazionale ed è stimolante. Come account manager coordino col cliente lo sviluppo di nuovi profumi. Il cliente viene da me e mi dice, ad esempio, “vorrei un profumo che senta di spritz, di fresco, che ricordi la costa amalfitana”. Io da queste indicazioni e dagli altri dettagli (come il prezzo e dove questo profumo poi viene utilizzato, se per creare un vero e proprio profumo, o se invece sarà usato per le candele o il gel doccia o altro) lavoro con il porfumer, il “naso dell’azienda”, e l’equipe di sviluppo e, attraverso test e prove, creiamo il profumo adatto».

Daniela in Francia ha trovato una seconda casa ed è per questo che ha richiesto di ottenerne la nazionalità. «A Parigi mi trovo bene. Già durante l’università ero stata in Francia come assistente di lingua all’estero, in una cittadina vicino all’Alsazia: ero in un liceo europeo. Il francese poi l’ho sempre studiato perché sognavo di lavorare nelle organizzazioni internazionali (per questo ho deciso di conseguire la laurea in Mediazione linguistica e culturale all’Università statale di Milano, dove ho fatto 5 anni con la specialistica in lingue per le organizzazioni internazionali). La cultura francese poi mi piace tantissimo. Quindi venire qui per me è stata una bella occasione e ora ottenere la nazionalità sarà un qualcosa che coronerà la mia identità come persona, visto il mio percorso di vita. Ho lasciato gli affetti e gli amici per venire ad installarmi qua: Parigi è una città bellissima, io vivo in centro, a Saint-Georges, che è sotto il quartiere di Pigalle. Vivo in una casa tipica Hausmanienne, piccola perché gli affitti qui sono esorbitanti e mi trovo bene».

«Ovviamente Parigi è una città impegnativa. Ora, come detto, voglio ottenere la nazionalità perché sarebbe una riconoscenza dell’esperienza che ho avuto qui, che è stata importante per me. In un futuro poi mi piacerebbe spostarmi in Spagna (un sogno che ho da tanto), però sono progetti futuri. Prima vorrei la nazionalità francese e vorrei riuscire a mostrare a mio padre dove vivo e tutto quello che mi sono costruita qui». E per vedere esaudito il suo desiderio ha scritto, come detto, direttamente a Santa Lucia. «Ho scritto la letterina perché la prima volta che sono venuta a Parigi, quando ancora non abitavo qui, sono venuta con mia madre, Franca. Mia madre poi è venuta ancora anche con mia cugina Elena da quando abito qui. Invece mio padre non è mai venuto».

«A dire il vero – continua la letterina –, non lo so se quest’anno ho fatto la brava o se merito invece il famigerato carbone. Sai, sono andata in Colombia, da sola, con lo zaino in spalla e la mamma l’ho fatta un po’ preoccupare. Ho fatto piangere la mia nipotina Ginevra: per lei torno sempre troppo poco a Bergamo. Non capisce perché invece di stare a Parigi o di andare sempre in vacanza a vedere l’oceano, non posso tornare e lavorare in smart working da Bergamo. Mi dice sempre: “Zia, lo chiamo io Macron!” oppure “Ma perché proprio la Colombia? È pericolosa, l’Italia è più sicura, vieni qua no?”. Noi, gli espatriati, noi che viviamo in città grandi, noi che abbiamo vite frenetiche e rimaniamo inghiottiti da ritmi forsennati. Prima il Covid-19, poi la guerra in Ucraina e ora i voli che costano più cari. Tornare solo per un weekend diventa sempre più complicato e quindi, anche se gli affetti mancano, non è che torniamo così spesso per vedere le nostre famiglie. Quest’anno ho anche riflettuto su cosa voglio fare da grande, ma non ho ancora trovato la risposta. Gli amici mi dicono che a 60 anni non avrò ancora deciso in che città vivere. Chi lo sa».

«Vivo a Parigi, voglio trasferirmi in Spagna ma ho iniziato a studiare il portoghese – conclude la letterina ora passata in consegna a Babbo Natale –. Insomma le idee sono ancora ben poco chiare. Però un desiderio ce l’ho. Quest’anno al posto dei regali porta mio papà a Parigi. La mamma è venuta a trovarmi, ma lui non vuole. Mi dice sempre: “Che cosa vengo a fare a vedere la Tour Eiffel? Guarda che Città Alta è più bella, sei diventata proprio una snob!”. Ho pensato che magari chiedendotelo, il desiderio si possa avverare. Cara Santa Lucia, quest’anno fai questa magia! Con Affetto, Daniela».

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