Bergamo, ancora tensione tra Ats e medici
A rischio il piano emergenza per l’autunno

Le azioni per fronteggiare l’emergenza in bilico dopo lo strappo di Ordine e sindacati. Non è escluso un intervento di Regione per cercare di ricostruire i rapporti tra le parti.

Il «piano emergenza autunno», indispensabile per fronteggiare una possibile nuova ondata di contagi è seriamente in bilico. È ancora molto alta la tensione tra Ats, i sindacati dei medici di base e l’Ordine dei medici dopo lo strappo che si è consumato nella giornata di martedì. I rappresentanti dei camici bianchi hanno annunciato il ritiro di tutti i rappresentanti dai tavoli di «Agorete», le riunioni lanciate da Ats per organizzare una strategia coordinata in vista della stagione autunnale. Il motivo scatenante della dura presa di posizione dei medici è la decisione da parte della direzione generale dell’Agenzia di tutela della Salute di non confermare Roberto Moretti alla guida dell’Unità operativa complessa di Cure primarie di Ats Bergamo, il dipartimento che coordina e ascolta tutti i medici della provincia. Con una nota dello scorso 16 giugno infatti è stata comunicata la valutazione negativa nei confronti del dirigente, a cui era affidato l’importante incarico solo sei mesi fa. A nulla è servita la lettera che gli stessi sindacati Fimmg, Snami, Smi e Simpef avevano pubblicato per ringraziare Moretti del lavoro svolto in questi mesi: Ats ha confermato la decisione. E a quel punto l’attrito si è trasformato in una guerra senza esclusione di colpi.

Che la situazione sia molto delicata è chiaro a tutti. L’epidemia di coronavirus, anche in provincia di Bergamo, ha evidenziato l’importanza della medicina territoriale, fondamentale per individuare e trattare i pazienti prima che il quadro clinico precipiti e il contagio dilaghi. Per questo motivo non è escluso un intervento da parte di Regione Lombardia per cercare di ricucire uno strappo così eclatante e inedito per la sanità bergamasca.

Il ruolo dei medici di base nelle riunioni convocate da Ats è centrale. Senza i camici bianchi infatti tutte le attività di prevenzione e monitoraggio non hanno i naturali punti di riferimento. Quali sono i cardini del «piano emergenza autunno» oggi a rischio? Lo spiega l’Ordine dei medici individuando le priorità: «La programmazione della vaccinazione antinfluenzale a partire già dal mese di ottobre allo scopo anche di ridurre episodi febbrili e sospetti diagnostici, evitando quindi quarantene inutili. La riorganizzazione del confuso sistema informatico di richiesta dei tamponi e di trasmissione delle relative risposte, per evitare le lungaggini e i disguidi verificatisi in questi mesi. L’ottimizzazione delle procedure di tracciamento e isolamento di casi e contatti, aggiungendo, all’impegno dei medici di famiglia, l’intervento rapido del Dips (Dipartimento di Igiene e prevenzione sanitaria), nella prospettiva di un autunno che richiederà un’attività molto intensa. Lo stoccaggio di una riserva di Dpi (Dispositivi di protezione individuale) per la fornitura immediata ai medici e agli altri operatori sanitari del territorio per consentire, in caso di ripresa pandemica, la necessaria e indispensabile attività».

Secondo l’Ordine e i sindacati tutte queste azioni non possono essere messe in atto senza un direttore dell’unità Cure primarie. «Siamo profondamente preoccupati – spiega il presidente dell’Ordine, Guido Marinoni - per la situazione venutasi a creare nell’Ats, dove la revoca dell’incarico al direttore del dipartimento Cure primarie, Roberto Moretti, ha fatto seguito, dopo poco tempo, alle dimissioni di Pietro Imbrogno, direttore del Dips (Dipartimento di Igiene e prevenzione sanitaria). In questi mesi non c’è stata da parte della direzione strategica dell’Ats una volontà di collaborazione, né di vicinanza - neppure formale - alla categoria dei medici, colpita da gravissimi lutti nell’adempimento del dovere. La progettualità espressa ad oggi da Ats sulla base di affollati gruppi di lavoro, è priva di reale capacità operativa. E non può essere diversamente - conclude Guido Marinoni - se vengono meno gli adeguati riferimenti di responsabilità tecnica nella struttura aziendale. Auspichiamo quindi un cambiamento immediato, non vogliamo essere identificati tra i responsabili di decisioni formate in assenza di un adeguato supporto tecnico gestionale».

Una posizione condivisa da Mirko Tassinari del Fimmg. «La nostra è una presa d’atto di una situazione tecnicamente difficile. Possiamo metterci anche a scrivere cento piani per l’autunno, ma se non ci sono persone con cui i medici possono interfacciarsi rimaniamo nel campo del puro formalismo. Se un mio paziente ha tosse o mal di gola non gli interessa che lavoro devo fare io. Ma se a ottobre ci troviamo con 50 casi di febbre non posso stare a litigare con cinque software diversi. Non ci sarà il tempo materiale per risolvere questi problemi. Ci siamo alzati dai tavoli anche perché materialmente togliere il direttore Cure primarie non ci sembra un modo per aiutare i cittadini, né un modo per rinforzare un servizio essenziale».

E preoccupazione arriva anche da Orazio Amboni del dipartimento Welfare della Cgil. «Le questioni in campo sono molte e alcune sono di carattere strutturale, come il ruolo dei medici dopo la legge regionale 23 e i rapporti che devono tenere con Ats. Un altro motivo strutturale sono gli scarsi investimenti sulla medicina del territorio. Tante delle proposte lanciate negli ultimi anni non sono state attuate. La tensione è molto alta perché si somma alla tensione dovuta all’emergenza e agli aspetti relazionali che non possono essere sottovalutati».

Per Mario Gatti, segretario della Cisl Bergamo, «con l’emergenza coronavirus molti nodi sono venuti al pettine. Stanno emergendo problemi, come la carenza dei medici sul territorio, che dovevano essere individuati e risolti tempo fa. La prevenzione è stata completamente abbandonata e l’organizzazione che era stata messa in campo non ha funzionato». Al momento Ats ha deciso di non commentare. I rapporti continuano ad essere tesi, ma non è escluso che nella giornata di oggi possa esserci un riavvicinamento nel nome della salute pubblica.

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