Calano Rt e nuovi casi, non la pressione ospedaliera: Lombardia in bilico tra rosso e arancione

Covid, incidenza sotto la soglia critica e indice di contagio a 0,75, ma pesa l’elevata pressione sugli ospedali. Venerdì 9 aprile la decisione sul colore. Fontana: «L’auspicio è che già dalla prossima settimana si torni nella fascia inferiore». Solo Como registra un numero di positivi per 100 mila abitanti superiore a 250

Di che colore si tingerà la Lombardia la prossima settimana? Mai in questa nuova tempesta epidemica il passaggio da una zona all’altra è apparso così indecifrabile come ora, sul labile confine tra il rosso e l’arancione. L’auspicio è che «dalla prossima settimana la Lombardia possa tornare a essere in zona arancione e iniziare ad avere un minimo di normalità», ha detto martedì sera il governatore Attilio Fontana, e quell’auspicio dovrà fare i conti con i numeri che domani vidimerà la cabina di regìa nazionale, ma che già oggi in serata – nella consueta catena di trasmissione dagli uffici della Direzione generale Welfare verso l’Istituto superiore di sanità – potrebbero trapelare per far capire l’aria che tira. La sintesi, prima delle cifre complete, indica che l’incidenza del contagio e l’Rt – l’indice di riproduzione del virus – sono da zona arancione (l’Rt addirittura da giallo, ma fino a maggio non è previsto il giallo: solo bianco, arancione o rosso), mentre la pressione ospedaliera è da zona rossa, con sfumature anche parecchio scure.

L’incidenza

Il sistema delle zone a colori si è basato sempre su un principio a regolare ogni variazione cromatica: per passare da rossa ad arancione (esempio concreto e non disinteressato), una regione deve avere già alle spalle – alla data del monitoraggio settimanale – 14 giorni con valori teoricamente da zona arancione. Il principio è stato confermato anche nel Dpcm del 2 marzo, che a sua volta è stato «inglobato» nel decreto legge del 1° aprile in vigore sino a fine mese.

Un indicatore sempre più assunto a mo’ di bussola, anche perché immediato, è quello dell’incidenza, ossia il numero di nuovi casi settimanali ogni 100 mila abitanti. Sopra quota 250, scatta automaticamente il rosso; la Lombardia, che in questa nuova fase epidemica aveva varcato l’asticella a partire dal 2 marzo, ora è tornata «a bolla»: il 3 aprile l’incidenza regionale s’è attestata a 250 e qualche punto decimale, dal giorno seguente è andata sotto fino a precipitare – ieri – al valore di 203. Perciò ampiamente al di qua dell’allarme, tuttavia con l’ennesima nota a margine: a Pasqua e Pasquetta si sono processati pochissimi tamponi (lo si coglie dai bollettini dei giorni seguenti, cioè il 5 e il 6 aprile), giocoforza sono emersi meno positivi. Non si può comunque non notare la drastica contrazione recente, fotografia di una circolazione virale in decisa riduzione, mentre a metà marzo si viaggiava a un’incidenza di 330. Peraltro, scendendo nel dettaglio provinciale, adesso solo Como è oltre il muro dei 250 nuovi casi settimanali ogni 100 mila abitanti (è a 253), e ieri anche Brescia è finalmente scesa sotto la soglia (non succedeva dal 13 febbraio, ora è a 245). Tutto bene, dunque? Non proprio: è vero che l’incidenza regionale non è più da zona rossa, ma è anche vero che la Lombardia non arriverà al monitoraggio con alle spalle 14 giorni di incidenza da arancione. Questione di lana caprina: l’automatismo dell’incidenza è stato però introdotto strada facendo rispetto agli altri indicatori, qui si gioca una partita interpretativa.

L’Rt e gli ospedali

Altro pilastro è l’Rt, celeberrimo indice di riproduzione del virus. La cabina di regìa di venerdì scorso lo calcolava a 0,89 per la Lombardia, il monitoraggio del 26 marzo lo dava a 1,08, quello del 19 marzo a 1,16. L’Rt è da giallo al di sotto dell’1 e da arancione tra 1 e 1,24: pochi dubbi, alle spalle ci sono già ora due settimane da arancione e anche il dato che verrà certificato venerdì sarà sulla stessa falsariga, anzi ancora più basso, attorno a 0,75 secondo fonti regionali. Ciò che indubbiamente non va è la pressione ospedaliera, lievemente in calo eppure ancora altissima: ieri i ricoverati nelle terapie intensive lombarde erano 834 contro un totale di 1.416 posti letto disponibili, che si traduce in una saturazione del 59%; eccessiva è dir poco, se la soglia d’allerta che si utilizza nel monitoraggio è del 30%. La si è praticamente doppiata, e va solo leggermente meglio guardando ai pazienti nei reparti Covid ordinari: 6.595 ricoverati a fronte di 13.718 posti letto disponibili, con un’occupazione del 48% che sfora ampiamente rispetto alla soglia qui fissata nel 40%.

Vaccinazioni e deroghe

Nel decreto legge in vigore c’è un passaggio nuovo rispetto al passato: «In ragione dell’andamento dell’epidemia, nonché dello stato di attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini con particolare riferimento alle persone anziane e alle persone fragili, con deliberazione del Consiglio dei ministri sono possibili determinazioni in deroga» rispetto alla momentanea sospensione della zona gialla, in sostanza è la possibilità di riaprire alcune attività (bar, ristoranti, luoghi di cultura) già in zona arancione. Un orizzonte che per la Lombardia è ancora parecchio lontano, ma comunque da considerare se si abbandonerà il rosso. La Lombardia deve ancora completare gli over 80, al 6 aprile il 29% degli aderenti non ha ancora ricevuto la prima iniezione mentre solo il 31% ha già avuto anche il richiamo; per i 75-79enni, altra fascia ad altissimo rischio, le inoculazioni inizieranno solo lunedì. Finora, qui, le difficoltà non sono mancate.

© RIPRODUZIONE RISERVATA