Camionista morì travolto dal carico in azienda, dieci mesi al titolare

IL PROCESSO. La tragedia il 4 giugno del 2021, l’uomo di 59 anni fu travolto da uno dei colli di plastica che venivano scaricati dal semirimorchio del suo mezzo nel piazzale della «Plastic Leffe», il titolare della ditta ha patteggiato.

Il 4 giugno del 2021 il camionista Bruno Bardi di Carbonera (Treviso) morì a 59 anni, travolto da uno dei colli di rifiuti di plastica che venivano scaricati dal semirimorchio del suo mezzo nel piazzale della ditta «Plastic Leffe», in via Pezzoli d’Albertoni a Leffe. Martedì 19 marzo il titolare della ditta, M. M., 62 anni, di Leffe, ha patteggiato 10 mesi con pena sospesa davanti al gup Vito Di Vita per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Il giudice ha riconosciuto il concorso di colpa con la vittima.

«I colli, disposti su file parallele, erano impilati uno sopra l’altro a tre a tre, tranne le pile della fila più vicina al portellone del semirimorchio, composte da soli due colli - spiega Riccardo Rigonat, responsabile di “Giesse” per la provincia di Bergamo, la società di risarcimento danni cui si sono affidati i famigliari di Bardi –. M. M., movimentando il collo superiore della pila posta in ultima fila, ha reso instabile quello posto più in alto della seconda fila. Così, al momento dello sgancio della seconda fascia trattenuta da parte di Bardi, due colli sono caduti violentemente al suolo travolgendo l’autista, che non ha avuto il tempo di spostarsi».

La posizione di M. M. inizialmente aveva viaggiato verso l’archiviazione, dopo che si era stabilito che le responsabilità dell’incidente erano in capo alla vittima. Non era stato il 62enne di Leffe a sistemare il carico sul semirimorchio e si era appurato che era stato lo stesso camionista a sganciare la seconda cinghia che assicurava il carico prima che M. M. tornasse al camion con il muletto dopo aver portato in magazzino i primi due colli. Inoltre, Bardi era passato dietro il semirimorchio, dove poi erano cadute le balle che lo avevano investito. Una serie di imprudenze, a detta della Procura, che inizialmente avevano fatto considerare il 59enne trevigiano come unico responsabile.

Ma la consulenza dell’ingegner Paolo Panzeri, incaricato dal pm, aveva alla fine evidenziato anche alcune responsabilità di M. M., in particolare riguardo al fatto che avrebbe dovuto rendersi conto dell’instabilità del carico. E così per il titolare della «Plastic Leffe» era scattata la richiesta di rinvio a giudizio. Martedì, assistito dall’avvocato Andrea Pezzotta, l’imprenditore ha scelto di patteggiare la pena.

Il danno è stato risarcito dall’assicurazione. Ma i familiari, tramite lo staff legale di «Giesse», stanno avviando una causa per «ottenere il giusto risarcimento». Luca Bardi, fratello della vittima, parla di «pena veramente irrisoria»: «Non posso credere che Bruno sia morto in maniera così assurda».

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