Caro bollette, senza tagli dal governo rischio stangata da 235 milioni per i bergamaschi

Nella nostra provincia è questo il conto degli annunciati aumenti di luce e gas a partire da ottobre. Un salasso che potrebbe ridursi a circa 165 milioni nel caso in cui il governo trovi i fondi per tagliare oneri e accise.

La via d’uscita per ammorbidire una stangata che si preannuncia fatale per milioni di famiglie c’è, e il Governo è pronto a imboccarla: trovare 3,5 miliardi di euro da mettere sul piatto già questa settimana per contenere gli aumenti sulle bollette di luce e gas che, viceversa, dal 1° ottobre cresceranno rispettivamente del 40 e del 31%. Un salasso di cui si fatica a ricordare qualche precedente e che, secondo i calcoli del Codacons, inciderà in media per almeno 500 euro all’anno per ogni nucleo familiare. Un conto altissimo da pagare per le oltre 470 mila famiglie bergamasche, pari a 235 milioni di euro, con quelle più numerose chiamate a dover sopportare più di altre il prezzo di questi nuovi aumenti. Dopo i rincari d’inizio luglio, quando l’aggiornamento trimestrale dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) ha determinato un rincaro di luce e gas rispettivamente del 9,9% e del 15,3%, quelli d’autunno rischiano di dare un’ulteriore mazzata ai risparmi delle famiglie, già fiaccati dalla crisi post pandemia. Il Governo sta lavorando per trovare almeno un terzo dei 9 miliardi di euro che serviranno per fare fronte ai rincari annunciati per il mese prossimo; un’operazione che limiterebbe a 165 milioni di euro l’esborso annuo delle famiglie bergamasche. Comunque una cifra esorbitante.

I fondi che l’esecutivo dovrebbe reperire in settimana serviranno per replicare il meccanismo già messo in pista a luglio, vale a dire il taglio una tantum degli oneri di sistema che, nell’ultimo aggiornamento trimestrale, pesavano per il 10,7% sul totale della spesa per la fornitura dell’energia elettrica (e il 4,7% sul gas). Le imposte, invece, intese come Iva e accise, erano pari al 12,6% nella bolletta della luce, mentre incidevano di più nell’esborso per il gas (il 35,6%), dove vanno conteggiate anche le addizionali regionali.

Le conseguenze dei rincari non si faranno sentire però solo sulle famiglie, mette in guardia il Codacons – che nel frattempo ha scritto ad Arera per chiedere di calmierare i prezzi – ma anche sull’industria e sulle imprese, «attraverso – spiega l’associazione – un aggravio dei costi dovuto al rincaro delle materie prime che produrrà un “effetto domino” sui prezzi al dettaglio di una moltitudine di prodotti e sulle tariffe dei servizi».

Intanto, Federconsumatori Bergamo torna a chiedere «più trasparenza sui costi reali di gas e luce e su come si giustificano i ricarichi dovuti agli oneri di sistema. Vorremmo sapere – spiega l’associazione in una nota – a chi vanno e a cosa servono i soldi in più richiesti. Teniamo presente, inoltre, che gli aumenti non saranno uguali per tutti: ci sarà chi li recupererà, magari con gli interessi, aumentando il prezzo di prodotti e servizi. Di certo l’ultimo fruitore subirà una diminuzione del proprio potere d’acquisto. Ciò vuol dire che i poveri saranno ancora più in difficoltà e dovranno fare ulteriori sacrifici per riuscire a vivere dignitosamente. Mentre chi ancora povero non è rischia di diventarlo».

I rincari annunciati potrebbero addirittura raddoppiare, per Adiconsum, se sommati a quelli già scattati nei mesi scorsi sia nelle bollette di luce e gas, che per i carburanti, il cui aumento medio già si attesta intorno al 15% dall’inizio dell’anno. «Dopo 20 anni dalla liberalizzazione del settore elettrico e a oltre 10 anni dalla liberalizzazione del mercato elettrico – spiega Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo –, il Paese si trova ancora una volta a rincorrere l’emergenza del caro-bollette e a far pagare ai cittadini le conseguenze delle mancate scelte di politica energetica e dell’ancora non chiaro e trasparente processo di passaggio dal mercato tutelato al mercato libero che si traduce in bollette dai costi elevati, dovute a una struttura tariffaria obsoleta, ma anche alla mancanza di garanzie di sistema delle società di vendita dell’energia».

Per l’associazione dei consumatori la strategia è una soltanto, procedere spediti verso le fonti rinnovabili: «Bisogna gradualmente “smarcarsi” dalle dinamiche di prezzo delle materie prime fossili, revisionando la struttura tariffaria in modo tale che preveda, tra le altre cose, il trasferimento degli oneri generali di sistema sulla fiscalità generale, mantenendo in capo alla tariffa elettrica solo quelli effettivamente attinenti che incidono per circa il 55% nella bolletta», dice ancora Mina Busi.

Da tempo le associazioni dei consumatori chiedono, per esempio, l’esclusione del calcolo dell’Iva dagli oneri e dalle accise, l’applicazione di un’imposta agevolata al 10% sulle quote relative alla materia prima e alla commercializzazione di luce e gas, «senza dimenticare – conclude Mina Busi – di prevedere misure per combattere in maniera efficace la povertà energetica, che interessa milioni di famiglie, aggravata anche dall’emergenza Covid».

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