Case di riposo, in ritardo gli aiuti
Rischio aumento delle rette

L’allarme lanciato dalla Cgil: a novembre erano stati promessi ingenti risorse e nuovi dispositivi. L’assessorato al Welfare: acconti mensili puntuali.

«I finanziamenti promessi dalla Regione tardano ad arrivare, mettendo a dura prova il sistema di cura delle Rsa (le case di riposo), uno dei più duramente colpiti dalla pandemia. Dei fondi non c’è traccia». Il grido d’allarme arriva dalle sigle Fp Cgil di Bergamo e Spi Cgil provinciale (sindacato pensionati), ma anche da varie case di cura costrette a costi insostenibili durante la recrudescenza del Covid e che temono di non riuscire a far quadrare i bilanci, a rischio della loro stessa sopravvivenza.

«A novembre la Giunta regionale, con l’allora assessore Gallera, dava ampie rassicurazioni sul fatto che sarebbero arrivate presto ingenti risorse a sostegno dell’intero sistema di cura per non autosufficienti e disabilità – rimarcano Roberto Rossi (segretario generale Fp Cgil Bergamo) e Augusta Passera (Spi Cgil provinciale) –. La Regione garantiva, inoltre, che sarebbe stata implementata la dotazione dei dispositivi sanitari per prevenire la diffusione del virus, ad esempio la fornitura gratuita di tamponi rapidi antigenici e l’intensificazione del loro utilizzo. Si sarebbe deciso di confermare il budget di quota sanitaria per tutto il 2020 sulla base della spesa storica, colmando così i mancati ricavi dalle rette dovuti alla minore occupazione di posti letto lasciati vuoti. Si sarebbe deciso l’incremento della quota sanitaria per le Rsa e per i centri diurni, ma di quei fondi si è visto poco o nulla. Recenti direttive hanno indicato alle Rsa di considerare solo un esiguo aumento del 2,5% dei contributi sanitari erogati dalla Regione in capo a ciascun ospite, in base alla gravità delle condizioni di salute, per i primi due trimestri dello scorso anno e ad alcune Rsa, che hanno chiesto di poter avere gratuitamente i tamponi rapidi, sono invece arrivate le fatture dei fornitori. Si rischiano ora ricadute negative sulle rette degli ospiti o sugli organici del personale».

Dall’assessorato regionale al Welfare arriva una replica (tecnica) in cui si evidenzia che «non vi sono ritardi nel pagamento degli acconti mensili. Con deliberazione di Ats Bergamo del 23 dicembre si è provveduto alla sottoscrizione, con i soggetti gestori delle unità d’offerta sociosanitarie, del contratto definitivo 2020 con contestuale definizione dei relativi budget definitivi per l’anno 2020, che costituiscono la base di calcolo per gli acconti. Inoltre con deliberazione di Ats Bergamo del 18 gennaio si è provveduto alla definizione degli acconti mensili dovuti per l’attività erogata nel primo trimestre del 2021».

Fondi promessi

Ma la polemica tiene banco e non si esaurisce. «La situazione delle Rsa nella nostra provincia continua a destare preoccupazione. Le Rsa sono in ginocchio - dichiara Davide Casati, segretario provinciale del Pd -, per i mancati incassi dovuti al blocco dei nuovi ingressi nei mesi peggiori della pandemia e alle maggiori spese sostenuti per contenere il contagi. I fondi regionali promessi, che avrebbero dovuto bilanciare i mancati introiti del 2020, tardano ad arrivare». «Questi fondi – aggiunge Michela Tintori, delegata al Welfare di comunità della segreteria provinciale Pd - verranno versati entro fine aprile». Il rischio paventato è che le strutture, per scongiurare la chiusura, si vedano costrette ad aumentare le rette degli ospiti, gravando così sulle spalle delle famiglie. Barbara Manzoni, presidente dell’associazione San Giuseppe, che raggruppa una trentina di Rsa di ispirazione cattolica della Diocesi di Bergamo, non usa giri di parole: «La Regione non sta adeguatamente sostenendo le Rsa. Abbiamo ottenuto finora provvidenze scarse e inadeguate, non abbiamo la conferma economica dell’erogazione dei budget e non abbiamo avuto nessun ristoro economico dopo la delibera di marzo che ci ha impedito di ospitare nuovi ricoverati, chiedendoci di tenere posti liberi per eventuali isolamenti. Dobbiamo fare i conti anche con le migrazioni degli infermieri verso la sanità pubblica. Quindi con i bilanci in perdita le Rsa arrancano e si pone di conseguenza il problema dei posti di lavoro». Fabrizio Lazzarini, direttore generale della Fondazione Carisma, mette in guardia: «Il problema dei finanziamenti riguarda tutti, sono assolutamente fiducioso e certo che l’amministrazione regionale e la politica troveranno una soluzione a breve, altrimenti si rischia il collasso. Sono aumentati i costi, ora esorbitanti, anche per tenere posti liberi in caso di emergenza. Il problema del personale infermieristico e medico è evidente: sono attratti dagli ospedali per questioni economiche e un lavoro più qualificante. Abbiamo messo mano al portafoglio per aumentare i contratti, ma stiamo in piedi con due fonti di finanziamento: la parte sanitaria e le rette delle famiglie. Ognuno fa i conti in casa sua. Il rischio di un aumento delle rette non è remoto».

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